lunedì 29 dicembre 2008

I can't get no satisfaction ?


Nonostante gli sforzi di ognuno di noi, nonostante il marketing e la pubblicità, nonostante l'autoconvinzione e nonostante l'enorme costo di elettroniche anche considerate "economiche", i risultati che otteniamo sono di fatto mediocri, come mediocre, volendo, è la tecnologià che sta dietro all'assemblamento di un impianto HiFi (pensa a quanto sono delicati molti oggetti, pensa al loro peso, al loro ingombro, a quanti cavi e fili devi avere per collegarli tutti assieme, pensa alla cura che devi avere per adattarli all'ambiente d'ascolto ecc. ecc.).

Proviamo a spogliarci delle vesti e delle convinzioni e dei limiti psicologici (aggiungo) dell'essere audiofili e proviamo a guardare il nostro mondo dall'esterno.

L'efficienza di un sistema audio Hi-Fi Hi-End è bassissima se paragonata ai costi e ai sacrifici che si devono fare per ottenere risultati appena accettabili.

Non voglio essere distruttivo e amo molto questo hobby, ma onestamente, in un'ottica di risultati ottenuti, nel corso degli anni si è creato un mondo basato quasi sul nulla.

Roberto Rocchi

Audioendocrine

Italy
4243 Messaggi post. Posted - 29/12/2008 : 18:05:42 Videohifi Forum

giovedì 25 dicembre 2008

Corodia, arte del coro.



Non vides quam multorum vocibus chorus constet? unus tamen ex omnibus redditur. Aliqua illic acuta est, aliqua gravis, aliqua media; accedunt viris feminae, interponuntur tibiae: singulorum illic latent voces, omnium apparent.

Non vedi di quante voci diverse è costituito il coro ?
L'unitarietà, tuttavia, è ciò che risulta dalla pluralità.
Alcune voci sono acute, alcune gravi, alcune medie; le voci femminili si fondono con le maschili, si interpone l'accompagnamento della tibia: spariscono le voci dei singoli, appare la voce del tutto.

Lucius Annaeus Seneca.


Il cantare in coro non annulla le caratteristiche che un buon cantore deve possedere.
E' necessaria una diversa forma d'arte, diversa dal protagonismo che abitualmente pervade l'esecutore e l'artista individuale.

Consiste nel:

Cantare precisamente in sintonia e con un timbro vocale che complementi gli altri coristi.
Cantare a livelli controllati di volume ed intensità vocale, secondo una dinamica imposta dal maestro.
Evitare di essere identificati come voci individuali.
Leggere e pronunciare il testo accuratamente, e nello stile imposto dalla partitura.
Saper accettare la direzione e sacrificare l'individualità nello spirito della coesione con gli altri elementi.
Saper produrre l'esatta tonalità della dizione e renderla piacevole attraverso l'uso appropriato della tecnica.
Rimanere in sintonia col resto del coro anche quando gli altri dovessero deviare dalla giusta cadenza.

Esistono o no, forti analogie tra l'arte del coro e l'arte dell'ottimizzazione di un sistema di riproduzione della musica ?

mercoledì 26 novembre 2008

Balanced connection


Sfogliando i depliants promozionali riguardanti apparecchiature di alto livello, sempre più spesso si cita la presenza di connessioni cosiddette bilanciate.
Questa forma di connessione è diventata sinonimo di alta qualità, forse in misura maggiore rispetto ad altri parametri costruttivi e progettuali dell'apparecchiatura che la incorpora.
La parola "bilanciato", come "classe A", racchiude in se, nell'immaginario comune, un valore istintivamente percepito di qualità più elevata rispetto all'alternativa della comune connessione sbilanciata, che è quella comunissima usata da tutte le apparerecchiature commerciali e che utilizza i convenzionali connettori rca.
La connessione bilanciata presume l'utilizzazione di apparecchiature la cui circuitazione, molto costosa, preveda la realizzazione di doppi circuiti per il canale destro e sinistro.
In questo caso si parla di vera circuitazione bilanciata in alternativa alla più semplice conversione artificiale del segnale da sbilanciato in bilanciato, in genere effettuata tramite un circuito integrato, al fine di permettere l'utilizzo di questa particolare connessione.
Ci si chiederà quale può essere lo scopo di ricorrere ad un' apparecchiatura bilanciata e quali possano essere i vantaggi acquisibili.
L'istintiva conclusione porterebbe a pensare che questo tipo di apparecchiatura debba garantire un suono migliore considerato il costo e la complessità costruttiva.
Niente di tutto questo, lo scopo è quello di utilizzare, per la connessione ad un'altra apparecchiatura dello stesso tipo, un tipo di cavo cosiddetto bilanciato, che si contraddistingue per l'uso di particolari connettori tripolari detti altrimenti "cannon".
E' evidente quindi, e questa è una conclusione interessante, che la normale connessione sbilanciata debba essere afflitta da difetti intrinseci , difetti che però l'utilizzatore medio non prende assolutamente in considerazione, sia in quanto probabilmente non in grado di percepire o apprezzare determinate sottili variazioni all'ascolto, o, più semplicemente, non essendo interessato a questo tipo di differenze.
La connessione sbilanciata è altamente influenzabile da disturbi esterni ed introduce essa stessa un disturbo qualora due apparecchiature comunichino tra loro tramite questo tipo di collegamento.
Il disturbo, che può essere considerato anche trascurabile per una breve distanza, diventa molto più evidente all'aumentare della lunghezza del cavo qualora ci sia la necessità di collegare apparecchiature distanti tra loro diverse decine di metri come nell'ambito professionale.
La connessione bilanciata, il cui obiettivo è quello di ottenere l'eliminazione del disturbo, permette invece la possibilità di un collegamento su lunghe e lunghissime distanze senza perdita e rumore.
Un esempio tipico, le decine di metri di cavo utilizzate in registrazioni dal vivo, dove si ha necessità di trasferire debolissimi e delicatissimi segnali catturati dai microfoni alle apparecchiature di registrazione alle quali il segnale, in assenza di connessioni bilanciate, arriverebbe fortemente degradato.

I vantaggi della connessione bilanciata possono essere quindi, sintetizzati in alcuni punti fondamentali:

1) Elevatissima insensibilità ai disturbi generati da segnali indotti da RFI (radiofrequenze) ed EMI (interferenze elettromagnetiche).

2) Insensibilità ai ground loops generati dal collegamento degli chassis delle apparecchiature tramite connessione sbilanciata.

3) Utilizzazione di connessioni standardizzate con elevata sicurezza e qualità dei contatti

4) I conduttori che trasportano il segnale, di segno positivo e negativo, sono identici tra loro e lo schermo, terzo conduttore, assolve esclusivamente alla sua funzione, diversamente dalla connessione sbilanciata dove i conduttori sono due e lo schermo agisce anche da conduttore.

5) Possibilità di connessione su lunghissime distanze, anche decine di metri essendo il cavo intrinsecamente immune ai disturbi.

6) Maggior sicurezza nella messa a terra degli chassis delle apparecchiature collegate.

7) Maggior qualità del suono, non inquinato da disturbi elettrici ed elettromagnetici in particolare nel trasferimento di segnali di debole entità.

Svantaggi:

1) Maggior costo delle apparecchiature, in particolare quando la circuitazione è completamente bilanciata.

2) Maggiore complessità circuitale, che può provocare detrimento alla qualità sonora.

3) Difficoltà di collegamento con apparecchiature sbilanciate qualora un'apparecchiatura
preveda esclusivamente connessioni bilanciate.

4) Ristretta scelta di cavi e connettori.

Appare evidente che la connessione bilanciata garantirà una maggior qualità d'ascolto qualora le interferenze create dal collegamento degli chassis delle apparecchiature (ground loops), EMI ed RFI risultino essere elementi prioritari da combattere alfine di un corretto trasferimento del segnale, ipotesi molto più probabile in presenza di impianti di veramente alto livello dove si presume molto spinta l'ottimizzazione del sistema sui parametri comunemente ritenuti
fondamentali.
Le differenze percepibili, in questo caso, saranno maggiormente evidenti , e questo nonostante l'handicap della maggior complessità circuitale delle connessioni bilanciate, complessità che certo non porta un beneficio ai fini della qualità sonora.

Conclusione:

Lunghi collegamenti e in ogni caso, connessioni senza compromessi, impongono l'uso di connessioni prive di disturbo indotto.

La connessione standard Rca-Rca a due poli ( conduttore /schermo), andrebbe evitata.

Nell'impossibilità di una connessione bilanciata è auspicabile l'uso di una tipologia intermedia, denominata impropriamente " semibilanciata", che utilizza lo stesso tipo di cavo di quella bilanciata, ovvero due conduttori identici ed uno schermo.

Lo schermo, collegato al polo freddo da un solo lato, assolve esclusivamente alla sua funzione di reiezione ai disturbi.

In quest'ultima ipotesi, il cavo in questione diventa direzionale, con variazioni di suono nella misura in cui lo schermo venga collegato alla partenza o all'arrivo del segnale.

Questo tipo di connessione permette di usufruire di alcuni benefici tipici delle connessioni bilanciate, per quanto riguarda la reiezione ai ground loops.
Emi ed RFI sono invece a rischio, essendo lo schermo non collegato da un lato, assimilabile ad una vera e propria antenna.

Tranne rarissimi casi, la maggior parte dei cavi sbilanciati più costosi prodotti dalle marche specializzate nel settore, fa uso di questa configurazione.

domenica 19 ottobre 2008

La musica non esiste!



Non esiste una prova scientifica dell'esistenza della musica.

Il Dr. Harvey Rosemberg,il dottore per gli audiofili americani, è stato uno dei massimi esperti mondiali di circuitazioni valvolari.
Progettista e filosofo dell'audio, erede spirituale di Julius Futterman, il padre della circuitazione OTL, non rappresentava assolutamente la categoria degli scientisti, il suo approccio anticonvenzionale alla musica ed alla sua riproduzione e fruizione lo ha collocato nel libro dei miti dell'audio.
Il suo sito, con una selezione dei suoi scritti ed articoli, a sette anni dalla sua scomparsa è mantenuto in vita da chi lo ha amato e seguito.

Uno dei suoi ultimi articoli proclama la scientifica inesistenza della musica.

- Vi comunico che sta per iniziare un nuovo secolo di arte audio e che è sempre valido il principio che per tecnici e scientisti la musica semplicemente non esiste, perchè non esiste prova scientifica della sua esistenza!
Essa non può essere ne pesata, ne misurata o quantificata.-

Nota: L'industria impiega migliaia di tecnici titolati, che lavorano per
l'avanzamento della nostra percezione della qualità musicale!

Voi, io e milioni di persone sanno che la musica esiste perchè la percepiamo con il nostro corpo, al di fuori di esso esiste solo un rumore, che diventa musica soltanto quando sarà entrato dentro di noi e quando lo avremo decodificato e riconosciuto come musica.
La Musica non ha un'esistenza indipendente, la Musica è solo emozione e profonda esperienza fisica e spirituale.
Ma per gli scientisti questa, una delle più comuni emozioni umane, non esiste perchè, come il coraggio, l'amore, l'odio, la speranza, non può essere quantificata.

Le sensazioni, le esperienze, le emozioni, che sono il fondamento della cultura, poichè non possono essere scientificamente misurate,per loro non esistono, anzi, devono essere combattute in quanto rappresentano un ostacolo all'esattezza ed all'attendibilità della misura.

Cosmologhi, fisici, astronomi, che operano con strumentazioni enormemente più sofisticate di quelle degli ingegneri audio, ammettono candidamente che non conoscono più del dieci per cento della realta dell'universo.
Queste scienze vantano migliaia di anni di studi, eppure c'è l'onestà intellettuale che porta a questa umile dichiarazione.
Che dire dell'arroganza di una scienza giovane come quella dell'audio che pretende di poter spiegare tecnicamente fenomeni irripetibili per definizione e che hanno a che fare prevalentemente con il nostro sistema percettivo ?

Potete immaginare un'Audio Engineering Society che dichiari:

- Conosciamo non più del dieci per cento di come funziona un circuito riguardo la capacità di influenzare o far percepire la qualità del suono e della musica.-

Ed allora che fanno gli ingegneri audio per vivere? Misurano rumore e distorsione con fede immensa e cieca.
Ed ecco il paradosso: un ingegnere audio, che si sforza di eliminare le suggestioni e le credenze della fallace percezione, si ritrova ad operare solamente sulla base di una cieca fede, mai provata, che vi sia una forte relazione fra il rumore studiato e la qualità musicale percepita.

Ovviamente questo procedimento è antitetico al procedimento scientifico di ricerca ed investigazione, essendo il fine della ricerca un'entità immisurabile!

E' impossibile disegnare e progettare un circuito di un'apparecchiatura senza le tradizionali misure di linearità e distorsione, ma queste, come qualsiasi altro tipo di misura, ci dicono ben poco, allo stato attuale, sulla loro relazione con la qualità musicale che dovrebbero garantire.

Per parlare dell'influenza della cultura: ammettendo che l'ingegnere sia un raffinato cultore della musica, notoriamente predeterminata culturalmente, che opinioni e sensibilità avrà un'ingegnere svedese rispetto ad uno messicano, un birmano rispetto ad un'africano?

Che dire quindi dell'integrità intellettuale di un industria e di progettisti e tecnici che da decenni, utilizzano misure di distorsione e linearità allo scopo di convincere il consumatore che ci sia una relazione fra queste e la musica?
Quante le circuitazioni rivoluzionarie che ci hanno presentato, quanti i nuovi metodi di misurazione, quante le dichiarazioni di perfezione ?

Come per le sigarette, le riviste di audio dovrebbero riportare in prima pagina un'avvertimento per i lettori:

ATTENZIONE:

NON ESISTE UNA PROVA SCIENTIFICA DELL'ESISTENZA DELLA MUSICA.

LE MISURE PUBBLICATE SONO EFFETTUATE CON SEGNALI E RUMORI E NON HANNO, QUINDI, ALCUNA RELAZIONE CON LA PERCEZIONE DELLA QUALITA' MUSICALE.

Quando la comunità audio prenderà atto della bassissima conoscenza di ciò che attiene alla relazione tra tecnologia e qualità musicale, e, quando nella ricerca sarà dato il giusto spazio all'orecchio, allora e solo allora si potrà sperare in un deciso avanzamento dell'arte dell'audio verso il suo vero potenziale, ben distante da quello attuale.

domenica 14 settembre 2008

Lossless crossover.


In foto, un crossover del quale giustamente il costruttore va orgoglioso. Debbo ammettere che è eseguito senza compromessi, una bellissima esecuzione di un circuito potenzialmente distruttivo della qualità del segnale.
In una catena audio le priorità sono, nella totalità dei casi, tutto ciò che è possibile vedere, ispezionare e valutare, da cui il concetto di "perceived value", valore percepito che determinerà l'interesse per il prodotto, l'innamoramento e l'acquisto.
Ma non sempre anzi quasi mai esiste una relazione fra qualità del suono e ciò che appare.
Il crossover all'interno dei diffusori, divide e trasferisce le informazioni ai singoli altoparlanti, e lo fa ricevendo il segnale sotto forma di elevata corrente dall'amplificatore, utilizzando induttori , condensatori e resistenze, la cosiddetta componentistica passiva.
A circa 100 watt su 4 ohm, la corrente raggiunge valori di circa 10 ampère e tutto il circuito crossover, incluso il circuito stampato su cui è installato, viene messo in difficoltà dall'attraversamento di correnti così elevate.
Mai l'audiofilo userebbe un cavo di 1 mm o meno per collegare l'ampli ai diffusori, e spesso, nell'ansia di un contatto perfetto, non bada a spese nell'acquisto dei migliori connettori-gioiello, ricorrendo a tali forze di serraggio dei cavi da arrivare al danneggiamento almeno estetico delle connessioni, tutto allo scopo di minimizzare la resistenza e la relativa caduta di tensione del prezioso segnale.

Analizziamo ora cosa avviene qualche centimetro più in avanti all'interno del diffusore:
Il segnale, proveniente dall'amplificatore, dopo aver attraversato i morsetti dei diffusori, viene collegato, nel 70% dei casi, direttamente al crossover posto dietro la vaschetta.
Il collegamento tra morsetti e circuito stampato avviene tramite spezzoni di cavo terminati con connettori fast-on, scelti dal costruttore allo scopo di rendere più veloce l'assemblaggio, (fast-on = inserzione veloce).
Questo tipo di connessione è di pessima qualità sia obiettiva che soggettiva.
Dal punto di vista tecnico la non perfetta stabilità della connessione provoca un'elevata resistenza di contatto con ripercussioni all'ascolto sul contrasto e sulla dinamica.
Il contatto via fast-on è soggetto ad elevate vibrazioni quando attraversato da elevate correnti e dulcis in fundo è soggetto ad ossidazione nel tempo vista la spesso scadente qualità del materiale di cui è composto non trattato (doratura) contro questo tipo di problema.
Il segnale, attraversa quindi, prima di entrare nel cross-over, un morsetto in lega sconosciuta con conducibilità non superiore al 25 %, un terminale di metallo differente dove viene inserito il fast-on, a sua volta ancora in metallo differente, il tutto in spregio alla regola che pretenderebbe una continuità "metallurgica", al fine di prevenire un degrado fisico della qualità del segnale trasferito.
Una volta all'interno del circuito stampato, il nostro segnale, prendendo come esempio un diffusore a due vie, troverà sul percorso induttanze (bobine), condensatori e resistenze.
Le induttanze, in particolare quella in serie al woofer, dovrebbero essere caratterizzate da bassissima resistenza, allo scopo di massimizzare il fattore di smorzamento dell'amplificatore, che vorrebbe non vedere resistenza tra i suoi morsetti di uscita e l'altoparlante.
La realtà ci presenta invece bobine caratterizzate da filo sottile e relativa elevata resistenza, valore tipico 0.5/ 1 ohm.
Un valore così elevato rende assolutamente inutile l'utilizzo di grosse sezioni nei cavi di collegamento ampli-diffusori che, anche se presentassero valori di resistenza nell'ordine di 0.1/0.2 ohm nel caso peggiore, rappresenterebbero una infima parte del valore complessivo visto dall'amplificatore.
Una bobina con resistenza 0.50 ohm e 10 metri di cavo da 0.75 mm, resistenza di circa 1 ohm, sommandosi in serie, presentano all'interfaccia ampli woofer 0.51 ohm; nel caso di eliminazione completa dei 10 metri di cavo o aumento sconsiderato della sezione per minimizzarne la resistenza, il valore finale resterebbe praticamente lo stesso!
Un' ulteriore degrado nelle induttanze è causato dal nucleo interno in ferrite.
L'induttanza ideale dovrebbe presentare bassa resistenza grazie all'elevata sezione del filo e non dovrebbe ricorrere al nucleo in ferrite, facilmente saturabile ad alte potenze.
Il vantaggio della riduzione della lunghezza del filo della bobina grazie all'incremento del valore che l'uso del nucleo produce, ed il conseguente risparmio in termini di costo, si pagano all'ascolto in termini di compressione dinamica e velatura del suono.
Un'eccellente bobina dovrebbe far uso di filo da 1/1,2 mm, la sua resistenza non dovrebbe superare 0.2 ohm, e dovrebbe essere avvolta in aria.
Le ultime e più sofisticate realizzazioni utilizzano filo multifilare isolato denominato Litz, come le Solen Heptalitz (in foto, sopra), o addirittura lamine di rame di notevole larghezza come le Goertz e le Mundorf.

I condensatori utilizzati nei crossover commerciali, rappresentano il collo di bottiglia fra l'uscita dell'ampli e le vie superiori del diffusore.
Negli anni settanta ed ottanta la problematica della componentistica passiva e della sua incidenza sul suono finale del diffusore non era presa in considerazione dalla stragrande maggioranza dei costruttori.
L'uso di condensatori elettrolitici, il peggio utilizzabile in un crossover sul percorso del segnale, rappresentava la normalità.
Oggi però, nonostante l'acquisita cultura dell'importanza della componentistica, si continuano ad utilizzare condensatori elettrolitici ed, al massimo, in qualche realizzazione più sofisticata, si nota l'uso condensatori in poliestere, il parente povero del propilene, comunque solo in serie al tweeter e per motivi di costo, solo per valori di capacità ridotta, tipicamente al di sotto di 6.8 mf.
L'uso di condensatori elettrolitici sul filtro del tweeter assieme a quello dei poliestere, fa capire come venga ritenuto eccessivo un costo industriale di uno o due euro al massimo in più nel caso si presentasse la necessità dell'uso di valori superiori a 6.8 microfarad!
Non sono infrequenti crossover dove sul tweeter il primo condensatore è in poliestere ed il secondo in serie, elettrolitico, soluzione che non ha alcuna giustificazione se non quella del costo.
Un ulteriore causa di degrado, compressione dinamica in particolare, è data dall'uso dei condensatori elettrolitici utilizzati in parallelo.
In questo caso una giustificazione teorica sul risparmio esiste, in quanto teoricamente il segnale non li attraverserebbe, avendo funzione di compensazione ed equalizzazione.
Chi ha avuto un approccio pratico al problema, ovvero prima provare poi teorizzare, si è accorto che la teoria è ben lontana da ciò che realmente è possibile percepire.
I condensatori in parallelo hanno la stessa importanza, al fine di preservare la qualità del segnale, di quelli in serie.
Praticamente la quasi totalità dei costruttori ignora il problema, solo ad altissimo livello è possibile verificare la stessa qualità per tutti i tipi di condensatori utilizzati nel crossover.
Personalmente ho sentito teorizzare l'inutilità di condensatori pregiati in parallelo da uno dei più reputati costruttori del mondo, mentre paradossalmente
ho acquisito l'importanza del loro uso, altrettanto da uno dei più reputati costruttori mondiali quest'ultimo però non altrettanto dotato di background tecnico, il che a volte può rivelarsi un vantaggio, costringendo a valutare soggettivamente ciò che invece da altri, con maggiore cultura tecnica, viene dato per scontato.
Idealmente tutti i condensatori, in serie ed in parallelo, dovrebbero utilizzare dielettrico in polipropilene.
Questi, contraddistinti dalla sigla "MKP",presentano il più basso valore di resistenza interna, il minore assorbimento di energia del dielettrico, e la più ampia banda passante.
A ridosso, l'uso dei condensatori in poliestere (MKT), rappresenterebbe già un compromesso accettabile,in quanto tutti i loro parametri sono molto vicini a quelli dei polipropilene, e ben distanti da quelli degli elettrolitici.

Le resistenze, il terzo tipo di componente utilizzato in un crossover, hanno minore incidenza sul risultato finale tranne quella/e di attenuazione poste in serie al tweeter.
Anche in questo caso la quasi totalità dei costruttori ha utilizzato ed utilizza comuni resistenze a filo, caratterizzate da elevata induttività e, soggettivamente, da una connotazione aspra imposta alla qualità delle alte frequenze.
Alcuni marchi, nelle più recenti produzioni, cominciano ad utilizzare resistenze non a filo ed antiinduttive, ma praticamente non esiste, a differenza dei condensatori, un'altrettanta attenzione e cultura riguardo l'importanza di questo tipo di componente.
Va notato che l'esagerato dimensionamento delle resistenze in serie al tweeter, orgogliosamente esibito da alcuni costruttori in funzione di un'obiettiva tenuta in potenza e del mantenimento del valore nominale quando attraversate da elevata corrente , produce, a causa della lunghezza del filo avvolto che la assimila di fatto ad un'induttore di maggior valore , un peggioramento della qualità soggettivamente percepita.

Dulcis in fundo, il componente che non si vede, responsabile di limitazioni dinamiche consistenti è lo stesso circuito stampato su cui è montato il crossover.
E' un'eresia teorica che un segnale che può raggiungere valori di diversi ampère, debba attraversare piste sottilissime, a volte molto lunghe con evidente perdita energetica.
Mai un audiofilo aggiungerebbe una saldatura per prolungare un cavo, ma in un crossover, le piste equivalgono ad un cavo tagliuzzato in una decina di parti che poi vengono congiunte tra loro tramite un velo di rame su supporto plastico!
Idealmente tutti i componenti di un crossover dovrebbero essere collegati direttamente fra loro, poggiati su un supporto inerte, incollati, smorzati per ridurre la microfonicità, e collocati al di fuori del diffusore per evitare il campo magnetico e le vibrazioni.
E per concludere in bellezza, i cavi provenienti dal crossover, spesso di infima qualità, sono terminati con ulteriori fast-on per il collegamento ai terminali degli altoparlanti.
Praticamente oggi, nessun costruttore industriale, escluso rarissime eccezioni, effettua collegamenti all'interno tramite saldature, assolutamente necessarie per chi aspiri a prestazioni al di sopra della media.
L'occhio che non vede, l'ignoranza tecnica e la fiducia incondizionata nell'operato dei costruttori, determinano il ricorso ad attenzioni maniacali in altri punti della catena di ben minore importanza ai fini del risultato.
Un intervento mirato, nel punto più debole della catena, ad un costo infinitamente più basso, sicuramente apporterebbe benefici ben più consistenti in funzione della qualità dell'ascolto, di quanto sia possibile ottenere tramite interventi su componenti ed accessori a monte del diffusore.

Alchimie acustiche: Shun Mook.


Shun Mook rappresenta una deviazione totale nel modo di concepire la lotta alle vibrazioni ed alle risonanze dei componenti audio.
Non si fa ricorso a magie secondo le dichiarazione dell'azienda , ma a parametri fisici fondamentali, alla cosiddetta "Risonanza Simpatetica" ovvero un principio per cui ogni elemento dell'universo risuonerebbe quando investito da un campo di energia prodotto da un altro materiale.
L'energia musicale prodotta da un sistema hi-fi,secondo Shun Mook, ecciterebbe tutti gli oggetti presenti nell'ambiente d'ascolto e differenti materiali avrebbero effetti positivi e negativi l'un con l'altro, influenzando così la percezione del suono riprodotto.
Shun Mook ricorre, per la creazione di oggetti apparentemente magici, all'uso dell'ebano,in particolare della varietà chiamata "Mpingo", in africano "albero che canta".
L'ebano è notoriamente riconosciuto come un legno "musicale", ed è utilizzato per la costruzione di diversi strumenti musicali.
Il prodotto più rappresentativo è il dischetto in ebano chiamato proprio "Mpingo" dal nome dell'omonimo albero, e trattato con un procedimento proprietario che gli attribuisce la capacità di regolare le risonanze di ogni componente od oggetto, musicale e non.
Utilizzando uno, due o tre dischetti sopra un componente audio, questi, eccitati dalle onde acustiche, risuoneranno sull'intero spettro, riducendo la distorsione armonica ed arricchendo il segnale musicale.
L'Ultra Diamond si compone invece di tre dischetti sovrapposti, attraversati da una barretta con in punta un diamante da un quarto di carato. Viene proposto come supporto per apparecchiature con il diamante utilizzato al posto delle consuete punte coniche al fine di scaricare le vibrazioni.

Analizzando la struttura di un dischetto Shun Mook, si nota la composizione di migliaia di micro tubicini come piccolissime canne d'organo.
Quando l'energia viene a contatto con il dischetto, crea una moltitudine di vibrazioni positive per l'orecchio umano, una corda, ad esempio, sfregata a contatto di questo materiale, crea una complessa ma musicale risonanza diversamente ad esempio da un materiale plastico non altrettanto gradevole all'orecchio.
Risonanze diverse si ottengono da vari materiali non musicali, come acciaio, ottone, piombo, vetro, marmo, granito, plastica, gomma, mdf etc, queste devono essere convertite secondo Shun Mook, in risonanze positive. La funzione di dispersione delle vibrazioni negative è compito del diamante, mentre l'ebano arricchisce il contenuto armonico con le sue risonanze naturali.
L'energia viene quindi trasferita positivamente verso l'ascoltatore mentre il diamante agisce come un diodo sulle vibrazioni, una sola via d'uscita senza ritorno.
Il trattamento del dischetto, segreto della casa, rende gli Shun Mook differenti da un normale dischetto dello stesso materiale composto da materiale praticamente inerte ed incapace di reagire attivamente alle stimolazioni dell'energia applicata.
Shun Mook puntualizza il fatto che le differenze potranno essere percepite da individui particolarmente sensibili alle variazioni musicali, invitando quindi i "non sensibili" a non procedere oltre in questo territorio di ricerca.

Una serie di procedure vengono consigliate al fine dell'ottenimento delle massime prestazioni:

Componenti Parallelati.
E' scosigliato il posizionamento di apparecchiature affiancate, dovuto al fatto che il campo magnetico emesso dal trasformatore di una delle due apparecchature potrebbe interferire con quello dell'altro componente.
Si suggerisce di allontanare i trasformatori l'uno dall'altro.

Peso dei cavi.
Il peso a volte eccessivo dei cavi di elevata qualità, stresserebbe il rame in prossimità delle connessioni che devono sempre rimanere con angolazioni morbide.
Si suggerisce di ancorare i cavi sollevandoli tramite una fascetta di cotone o comunque di materiale naturale.

Oggetti e mobili.
Oggetti decorativi e mobili potrebbero avere una reazione acustica negativa.
Vetro,acciaio, rame etc, renderebbero il suono brillante ed aggressivo, divani e tappeti lo incupirebbero. Il marmo avrebbe la tendenza a smorzare il suono rendendolo lento, il granito lo raffredderebbe, il vetro lo schiarirebbe, l'acciaio lo renderebbe ruvido.
Il peggio è considerato l'MDF, materiale molto comune nella costruzione di diffusori;
in quanto denso di collanti, tenderebbe a smorzare e ritardare le naturali e positive vibrazioni acustiche, rendendo il suono opaco e smorto.
Legno cotone e carta vengono invece considerati materiali positivi.

Strumenti musicali.
Il lasciare nell'ambiente d'ascolto ottimi strumenti musicali è considerato positivo per il suono riprodotto. Violini, violoncelli, contrabassi, clarinetti e pianoforti presenti nell'ambiente accrescerebbero la qualità dell'ascolto, mentre la presenza di violini economici da studente apprendista e clarinetti in plastica è considerata deleteria per la qualità del suono.

Il trattamento acustico dell'ambiente prevede da un minimo di nove ad un massimo di quarantaquattro dischetti Mpingo, che garantirebbero una prestazione, nel caso della massima configurazione, altrimenti impossibile da ottenere per realismo e spettacolarità.
L'immagine e la qualità del suono, possono essere sintonizzate dallo spostamento e dall'orientamento dei dischetti posizionati sia sulle apparecchiature che a contatto con i diversi materiali nell'ambiente.

Concludendo, un'opinione personale: siamo a cavallo fra scienza ed esoterismo, ma quest'ultimo sembra basarsi su acquisizioni scientifiche probabilmente acquisite e non rivelate, vedi la possibilità di sintonizzare i dischetti, e la trasformazione di energie negative in positive tramite contatto.
Si ribadisce spesso l'origine scientifica del trattamento Shun Mook individuando le vibrazioni come nemiche da combattere, vibrazioni che però potrebbero acquisire valenza positiva se indirizzate positivamente, un concetto non facilmente accettabile anche in ambito non strettamente tecnico.
Come per ogni prodotto non scientificamente testabile, ad evitare un probabile effetto placebo se acquistato senza una prova d'ascolto, è necessaria, a mio avviso, una chiara consapevolezza di ciò che può essere considerato un miglioramento, rispetto a quella che invece è una semplice differenza, ammesso che venga percepita.
Questa tipologia di accessori a mio parere va indirizzata ad ascoltatori particolarmente evoluti, poco sensibili alla suggestione e capaci di inquadrare nella giusta collocazione ed in modo non puramente soggettivo, le eventuali differenze percepite.

I prodotti e le teorie Shun Mook hanno creato una lunghissima querelle in occasione di una recensione della rivista americana Stereophile:

http://www.stereophile.com/features/69/

mercoledì 10 settembre 2008

Magia musicalis.


La "magia naturalis, basata su conoscenze e pratiche empiriche, era abbondantemente utilizzata nel '500 da categorie eterogenee di personaggi, musicisti , farmacisti, alchimisti fino a ciarlatani ed imbonitori di piazza,e permetteva , in un secolo ancora dominato dall'ignoranza della fenomenologia scientifica, di stupire il popolo con effetti speciali basati su leggi fisiche naturali non ancora scoperte e codificate.Nei secoli seguenti, l'avvento del metodo scientifico riduce drasticamente l'importanza di questo tipo di manipolazione di fenomeni naturali, combattendo, ma non eliminando completamente come possiamo vedere ancora al giorno d'oggi, l'uso spregiudicato di questi "poteri" , allo scopo ottenere dei vantaggi a danno di individui evidentemente predisposti ad accettare teorie strampalate , affascinati dalla diversità delle argomentazioni e dal fascino dell'irrazionale.E' evidente che la scienza ha ormai spiegato quasi tutto dei fenomeni naturali, ma , dove si tratta di percezione sensoriale, appaiono evidenti i limiti della teoria che, quasi sempre, non è in grado si spiegare razionalmente tramite misurazioni ciò che attiene alla sfera del percepito.Nel campo della riproduzione del suono, ad oggi, nonostante i progressi dell'analisi e delle strumentazioni di misura, rimane sempre un mistero il contrasto fra sensazioni spesso negative nell'ascolto della musica e l'apparente perfezione tecnologica delle apparecchiature utilizzate.PierreJohannet un ricercatore francese, come già visto nel precedente articolo "Suono ed aria", ipotizza un coinvolgimento dell'aria come influenza ed ostacolo alla percezione della qualità del suono.La qualità quindi esisterebbe nella stanza d'ascolto, ma non verrebbe rivelata, a causa della mutevolezza della qualità dell'aria , ipotesi apparentemente fantasiosa ma non priva di una certa credibilità teorica.Accanto ad ipotesi più o meno scientifiche, il mancato risultato di una riproduzione audio gratificante, viene spesso attribuito da appassionati e tecnici ad ipotetiche carenze di messa a punto della catena audio, alla qualità di uno o più componenti non all'altezza del resto ed alla mancanza di un non precisato concetto di sinergia, che si baserebbe su presupposti tecnici ma che assume spesso una connotazione di magia casuale. Forse non a caso è molto diffuso nel settore dell'audio di alto livello, il concetto di "magia musicale", la massima aspirazione dell'audiofilo, che sta ad indicare il raggiungimento dell'obiettivo tanto desiderato o la delusione per la sua mancanza.Nell'assemblare e mettere a punto un sistema audio si utilizza, in assenza appunto di una correlazione fra scienza e risultato, il metodo empirico del" prova e ritenta", con elevatissima possibilità di insoddisfazione permanente e notevole esborso finanziario in apparecchiature ed accessori costosissimi.La varietà di accessori che il settore audio offre è, a dir poco sterminata, la loro ragion d'essere è giustificata in buona parte da un ipotetico beneficio di ordine tecnico rivolto a supplire ipotetiche carenze delle apparecchiature, ma in gran parte questi complementi rappresentano il tentativo di modificare e risolvere problemi di qualità d'ascolto in modo semplicistico ed economico rispetto ad un cambio di apparecchiature. Cavi, punte coniche anti vibrazioni, piedini ammortizzanti, connettori , parti elettroniche speciali, tutto sembra finire in un pozzo senza fondo, lasciando spessissimo l'amaro di un risultato cercato e non raggiunto.
La carenza di risultati ottenibili seguendo le vie della scienza tradizionale, l'ininfluenza dei dati tecnici sulla qualità del suono, l'insoddisfazione cronica dell'appassionato, ha lasciato aperta, nel settore audio, la via del ricorso ad ogni genere di ipotesi di rimedi alternativi ed accessori magici.Filosofie e teorie pseudo scientifiche che assicurano mirabolanti miglioramenti della qualità sonora con argomenti obiettivamente a metà strada fra il ridicolo e il delirio, convivono con altre che a volte nascondono concetti avanzati riguarso l'influenza sulla capacità percettiva di fenomeni sconosciuti ed immisurabili.Accessori incredibili generano sorrisi e scherno, teorie razionalmente inaccettabili, a volte però manifestando qualche fondamento in dimostrazioni empiriche ,generano, se non giustificabili da un presupposto scientifico, una dissonanza cognitiva nell'ascoltatore ovvero un contrasto fra nozioni e certezze acquisite nel tempo e realtà non corrispondente.
Dubbi e perplessità conseguenti, si sciolgono a questo punto, o con il rifiuto assoluto o con l'accettazione del fenomeno percepito ed inspiegabile. Il settore high end audio ancora oggi, anzi più che mai, è pervaso di un alone di esoterismo che non permette, a chi non è introdotto, di comprendere la logica e l'importanza delle pratiche e delle scelte degli audiofili, disposti a follie per un briciolo di magia all'ascolto. Si creano quindi incomprensioni e conflitti anche fra soggetti che condividono la stessa passione, non essendo chiaro e condiviso il limite accettabile del coinvolgimento e della conseguente apparente follia.

martedì 2 settembre 2008

Magia naturalis: XVI sec, l'arte della meraviglia.

Archicembalo. (invenzione di Nicolò Vicentino.( XVI sec)


Agli inizi dell'epoca moderna la musica era classificata sia come ars (arte)che come scientia (scienza), in quanto essa richiedeva sia l'abilità dell' esecuzione che il possesso di una teoria sistematica.
La scienza musicale, era detta anche "armonia", in quanto era noto ai filosofi che gli intervalli musicali potevano essere riprodotti anche numericamente.
Secondo il De Musica di Severino Boezio, testo principe delle università, Pitagora scopri la corrispondenza tra accordo e rapporto numerico attraverso la visita alla fucina di un fabbro.
Accortosi che combinazioni di martelli diversi producevano una serie di accordi musicali, Pitagora scopri una relazione aritmetica tra il peso dei martelli e le loro rispettive tonalità.
Ma nel tardo 500 i teorici musicali tesero sempre di più a respingere la tradizione armonica di Pitagora e Boezio, cercando basi alternative per la loro arte.
Molti dei nuovi effetti sonori prodotti da voci e strumenti non avevano più relazione con le teorie numeriche pitagoriche, e sorsero dal desiderio di manipolare e riprodurre più fedelmente le emozioni, obiettivo principale dei compositori dell'epoca.
L'introduzione della filosofia sperimentale contribui ulteriormente a mettere in discussione Pitagora e nel corso del decennio 1580/90 fu Vincenzo Galilei, padre di Galileo, che, da liutista , sperimentando in concreto le teorie pitagoriche scaturite dalla fucina del fabbro, scoprì che molte di esse erano errate.
Questa scoperta fu il preludio ad ulteriori indagini proseguite dal figlio Galileo e da altri filosofi naturali sulla proprietà , in musica, delle corde e dei corpi risonanti, esperimenti rivoluzionari che inizieranno a partire dal 1600.
La filosofia sperimentale, che tenterà di spiegare in modo attendibile i fenomeni naturali, si diffonderà nelle accademie di corte alla fine del 1500.
Le qualità occulte che comprendevano qualcosa che non poteva essere spiegata con un'analisi elementare, venivano escluse dalla fisica accademica.
Sotto il termine " magia naturale" venivano inquadrate quelle discipline e tecniche empiriche dotate di forze occulte, che, non essendo riconducibili a fenomeni totalmente razionalizzabili, erano pertanto destinate ad essere codificate empiricamente.
Tra quanti utilizzavano tecniche empiriche per provocare effetti con mezzi occulti, c'erano medici, farmacisti, ingegneri, pittori e musicisti. Si trattava di effetti che potevano essere chimici, fisici, meccanici e persino psicologici ed includevano fenomeni che agivano anche a distanza come la gravità ed il magnetismo.
Il suono, in particolare l'armonia musicale,era una dimensione importante della magia naturalis, in quanto inquadrato negli artifici che avevano il potere di modificare l'umore ed il comportamento tramite una "azione a distanza".

Fondamenti dell'arte acustica, dalla magia alla scienza.
Francesco Bacone (1561-1626).

Nel corso del seicento la magia naturalis perse via via importanza mentre aumentava la considerazione per la filosofia naturale.
Il filosofo inglese Francis Bacon ebbe una particolare influenza su questo cambiamento. I suoi sforzi volsero nella direzione della formazione di un concetto di "arte acustica", mantenendo molti aspetti della magia naturale, ma integrandola però con la filosofia sperimentale.
Lo stesso Bacon descriveva il suo nuovo metodo come una forma di magia naturale definendolo: "Scienza che applica la conoscenza di forme nascoste alla produzione di prodigiose operazioni".
La ricerca di Francis Bacon sull'acustica si condensò in due lavori, "Sylva Sylvarum e New Atlantis . New Atlantis si basava sulla descrizione della creazione di effetti e sull'uso della filosofia naturale al fine di dominare le cause di questi apparentemente miracolosi eventi.
La descrizione visionaria della casa di Salomone comprendeva meraviglie acustiche che meritano di essere citate: "abbiamo case dei suoni dove li eseguiamo e proviamo e ne studiamo la genesi, abbiamo armonie che voi non avete, strumenti come non ne avete mai visti,....facciamo diventare grandi i suoni piccoli e tesi ed acuti i suoni grandi.......riproduciamo ed imitiamo tutti suoni articolati...i versi delle bestie e degli uccelli...abbiamo ausilii che dispongono l'orecchio a ben sentire...abbiamo eco artificiali che rimandano la voce tante volte, più forte di quando è partita, più stridula o più profonda.....etc.
Molti di questi effetti erano stati già descritti dal Della Porta nel suo "Magia Naturalis" ed erano molto in voga nelle corti di quel periodo, ad es. i Medici a Firenze e gli Stuart in Inghilterra, e ,molto ricercati , erano i tecnici in grado di organizzare intrattenimenti e feste in particolare dalla nobiltà inglese che voleva grotte ed automi come quelli delle ville di Tivoli e marchingegni musicali sempre più sofisticati in competizione nel destare meraviglia e stupore.
Mentre l'oggetto della New Atlantis era quello di studiare la creazione di effetti, Sylva Sylvarum analizzava le origini e le cause del suono.
Oltre alla ricerca delle caratteristiche basilari, si ricercava la genesi dell'armonia e della consonanza, si studiavano strumenti capaci di creare effetti emotivi e fisici nell'ascoltatore, e se ne analizzavano le relative tecniche di costruzione, i materiali usati, la loro forma e lunghezza, lo spessore delle canne e delle corde, tutto quello in pratica che era in grado di determinare qualità come il tono ed il timbro.
Cosa c'è quindi di nuovo in Bacone se quanto da lui descritto era già stato trattato da Della Porta nel suo "Magia naturalis" ? Considerando la ricerca un'acquisizione comune allo scopo di appropriarsi della conoscenza dei segreti del suono, democratizzando la conoscenza, razionalizzando la tecnica, e sottraendola alla magia, Francis Bacon consegna per primo l'acustica alla filosofia naturale sperimentale, gettando le basi della moderna relativa scienza.
Scienza che però, ancora oggi , non è in grado e forse non lo sarà mai, per la natura eminentemente percettiva della bellezza della musica, di razionalizzare l'origine della qualità delle sensazioni, rendendole quindi tecnicamente ricostruibili.
Rimane quindi ancora molto spazio a chi sia in grado, con ogni mezzo, di creare quella magia del suono e dell'ascolto che è in fondo il luogo dove l'appassionato vuole essere trasportato.

P.S.
Un parallelo con il mondo dell'audio e della riproduzione sonora sembra evidente, laddove il sapiente uso di tecniche alternative o sconosciute di fine tuning di un impianto può essere il quid che può trasformare una riproduzione ordinaria in una straordinaria ed emozionante.
Ovviamente, fermo restando l'opportuno uso dell'imprescindibile tecnologia tradizionale e della conoscenza tecnica correlata alla percezione della qualità musicale.

domenica 3 agosto 2008

Pierre Johannet: suono e rete ionostatica.


Assodata, almeno a livello teorico,la non omogeneità statica dell'aria (vedi post precedente "Suono ed aria"), 10 anni di ricerche portano Pierre Johannet alla conclusione che microturbolenze, generate da particolari condizioni atmosferiche nell'ambiente, o causate da emissioni da parte del sistema di riproduzione, possano inquinare la trasmissione dell'onda sonora.
La soluzione , ammessa la validità dell'ipotesi del degrado del suono causato dagli ioni Langevin, consiste nella loro neutralizzazione durante il loro ciclo di vita naturale che è di circa un'ora .
Il fenomeno di agglomerazione e la loro sparizione avviene a diverse frequenze, 1.90 Ghz, 2.94 Ghz, 4.68 Ghz, 6.25 Ghz, tutte come si può notare nella gamma dei gigahertz che è la gamma dei telefoni portatili e di altri canali moderni di telecomunicazione.
Le sorgenti principali potenzialmente in grado di emettere onde ad alta frequenza provenienti da ioni assorbiti, e capaci di eccitare gli ioni Langevin della rete ionostatica, sono, in ordine di virulenza:
Gli altoparlanti.
I cavi di alimentazione ed i circuiti di alimentazione a 50 hz.
Le apparecchiature elettroniche.
I cavi di interconnessione.

Le ricerche di Johannet culminano nella progettazione di un potente ionizzatore , ovvero un generatore di ioni negativi allo scopo di neutralizzare i positivi presenti in eccesso nell'aria, responsabili, nel campo della riproduzione audio, di un peggioramento della qualità musicale, ma capaci anche di incidere negativamente sul benessere fisico e sullo stato mentale, sotto forma di nervosismo, irritabilità, ed instabilità di carattere.
Il posizionamento di uno ionizzatore in funzione della qualità dell'audio, prevede il collocamento ad un'altezza da terra di almeno 60 cm, uno ionizzatore poggiato a terra risulta praticamente inefficace.
La migliore soluzione sarebbe quella di utilizzare due ionizzatori, uno su ogni diffusore acustico che, come già detto, è la sorgente principale delle perturbazioni.
Il miglioramento della qualità dell'aria e per conseguenza del suono riprodotto è pressocchè immediato all'attivazione del dispositivo.
Il degrado del suono, avviene invece, progressivamente al suo spegnimento, essendo necessario per la formazione degli ioni pesanti o Langevin , circa un quarto d'ora.
Installando uno ionizzatore vicino un altoparlante, il suono tenderà ad apparire proveniente in prevalenza dallo ionizzatore come la fiamma attorno ad un fiammifero.
La direttività degli altoparlanti sembrerà molto ridotta, favorendo la sensazione di sparizione della provenienza del suono e la ricreazione di un più ampio palcoscenico sonoro.
Sembra inoltre ridursi la necessità e l'importanza di un trattamento acustico tradizionale.
Dulcis in fundo si ha finalmente la possibilità di una conversazione a bassa voce in presenza di un ascolto a medio livello, una sensazione quindi, come di una riproduzione "silenziosa" , molto difficile da ottenere senza un'estrema attenzione ad una miriade di accorgimenti, l'ottenimento quindi del famoso nero, cioè la sensazione che i suoni sembrino staccarsi da un fondo di silenzio.

Per quanto riguarda la pura qualità del suono, gli apparenti vantaggi sono:

Una gamma bassa e medio bassa più corposa e coerente.
Una zona medio acuta più dolce , ma contemporaneamente più aperta e dinamica.
Una maggiore capacità della percezione della volontà dell'artista e del compositore, una maggiore facilità ad entrare nella logica dell'esecuzione, parametri fondamentali del concetto di musicalità.

E' necessario a questo punto chiarire che l'uso di un ionizzatore non mette in secondo piano la qualità di un sistema di riproduzione.
La sua azione sulla qualità sonora potrebbe essere paragonabile a quella di un temporale che, ripulita l'aria, permetta una visione luminosa e dettagliata della bellezza di un panorama.
Fumo ed inquinamento, opacizzando l'aria, possono offuscare la vista del più bello dei paesaggi e la foschia può anche cancellarlo dalla vista. L'aria , inquinata in senso lato, potrebbe essere responsabile della percezione di una cattiva qualità dell'ascolto, che, in alcuni giorni o in certi momenti, può apparire più accentuata.
Ad oggi la variabilità del suono di un impianto è un fenomeno accettato ed attribuito alle più svariate cause, sempre però di natura elettronica o psicofisica.
Le teorie di Johannet aprono un nuovo modo di considerare il problema dell' instabilità delle prestazioni di una catena audio ma mettono anche in discussione l'ordine delle priorità da seguire al fine dell'ottenimento di un risultato emotivamente coinvolgente e piacevolmente musicale.

mercoledì 30 luglio 2008

Pierre Johannet: Suono ed aria.


Il mondo della riproduzione della musica ripropone costantemente filosofie, antitetiche a volte, che dimostrerebbero la dipendenza della bontà di una riproduzione musicale, da fattori, ora tecnici, ora artistici, fino a sconfinare in pratiche che all'occhio di una persona non iniziata, appaiono un vero e proprio ricorso a pratiche parascientifiche per non dire magiche.

Che cosa si cerca nella musica riprodotta?
Il sogno di riproduzione fedele e coinvolgente è mai diventato realta'?
A giudicare dal numero di cambiamenti e dalle quantità di denaro speso, non sembra che l'appassionato audiofilo raggiunga tanto facilmente, semmai lo raggiunga, il risultato sperato.

A questo punto ci si deve porre una domanda.

E' possibile ricreare una suono vivo e coinvolgente con metodi tradizionali?

Qui non si tratta dell'ennessima apparecchiatura che risolverebbe il problema di un ascolto insoddisfacente, non si fa riferimento a dischi o registrazioni speciali da acquistare ma di valutare se esistono ostacoli sconosciuti che si frappongono fra l'ascoltatore ed il suono emesso dai diffusori.

Cosa si ricerca dalla musica?

Di condurci in un viaggio interiore, lontano dal tempo e dalla realtà della routine giornaliera.
Una sensazione di relax.
Una capacità di eccitazione, apparentemente in contrasto con la frase precedente, qualcosa che ci prenda e ci immerga nella performance dell'artista.

Spesso è necessario un grande sforzo di fantasia per attribuire a ciò che ascoltiamo queste prerogative, spesso la musica riprodotta da un impianto di riproduzione è afflitta da caratteristiche anitetiche a ciò che cercavamo, il suono è noioso e piatto anzicchè eccitante, aggressivo e fastidioso anzicchè rilassante.

Pierre Johannet, fisico e ricercatore francese nonchè audiofilo, in un articolo pubblicato dalla rivista "Diapason" esprime alcune considerazioni, alternative alla visione comune sulla materia audio, che culmineranno in una soluzione, del tutto differente dai comuni metodi di miglioramento della qualità di un impianto di riproduzione.

Johannet parte dalla considerazione che dopo quarant'anni di ricerca, non si evince alcuna correlazione fra qualità d'ascolto e misure classiche in sistemi al di sopra di una certa soglia di qualità.
Un esempio per tutti, gli amplificatori che utilizzano le valvole 300 b, sono in genere considerati riferimento di qualità, al di sopra dei loro omologhi a transistor, nonostante i 7 watt per canale e l'1.5 per cento di distorsione.
Non esiste relazione tra la misura della distorsione e la qualità del suono.
Non esiste relazione tra risposta in frequenza, potenza, fattore di smorzamento e qualsivoglia misura classica e qualità del suono.
Almeno, ad oggi, nessuno l'ha mai dimostrata, semmai ipotizzata senza dimostrazione.

Il lettore Cd, simbolo di perfezione per molti, non ha scalzato dal cuore degli audiofili il vecchio sistema analogico, e questo, nostante la sua evidentissima superiorità tecnologica alle misure.

A metà degli anni 70, derisi dalla maggior parte degli appassionati, alcuni pionieri cominciarono a evidenziare l'incidenza della qualità dei cavi sulla qualità dell'ascolto ed in seguito, anche i cavi di alimentazione delle apparecchiature sono stati oggetto di analisi e ricerca.
Ancora oggi l'argomento cavi divide i tecnici dagli audiofili, tra i quali esiste una limitatissima quantità di scettici.
In seguito, ogni tipo di intervento è stato preso in considerazione al fine di migliorare la qualità del suono, dalle vibrazioni alla corrente, niente oggi, nel campo dell'audiofilia, viene trascurato al fine del raggiungimento di un risultato che paradossalmente sembra sempre sfuggire

Tornando ai cavi, il problema dell'incidenza sul suono di questi innocui dispositivi, all'apparenza sembra molto semplice se ci si ferma ai parametri tradizionali di induttanza, capacità e resistenza, nella realtà, sfuggono le cause di differenze che possono essere percepite, anche quando le regole dell'ottimale interfaccia elettrica sembrerebbero rispettate.

Alle misure tradizionali qualsiasi cavo supera abbondantemente la qualità minima anche per l'ascoltatore più esigente, non si capisce quindi perchè la limitata quantità di parametri da valutare non possa spiegare la genesi delle differenze. Questo costringe a mettere in discussione anche ciò che apparentemente non sembra esserlo, ad esmpio le guaine isolanti, il tipo di materiale di cui sono composte e persino il loro colore.

Gèrard Perrot e Pierre Johannet sulla rivista francese "L'Audiophile" elaborarono un'ipotesi sulla memoria degli isolanti. Non è una novità, le prime ricerche risalgono a Benjamin Franklin alla fine del XVIII secolo.
Se un condensatore di un centinaio di microfarad a 12 volts, si cortocircuita per un tempo brevissimo, è possibile misurare energia immagazzinata che diminuisce dopo pochi secondi o qualche minuto, in funzione dell'isolante impiegato.
Il teflon risulta l'isolante con il minor assorbimento.
Non è quindi un'idea balzana ipotizzare che le guaine dei cavi conservino, anche se in misura ridotta, la memoria del segnale che li ha attraversati.

Un altro oggetto, il cd, che doveva garantire un suono perfetto per sempre, si è dimostrato essere tutt'altro che la panacea, e nel tempo, diverse ipotesi sono state fatte per determinare la causa di un suono cosiddetto "digitale", parola che a livello popolare è sinonimo di qualità ma che in certi ambienti ha acquisito un valenza negativa, come sinonimo di freddezza e asetticità.

Si sono ipotizzate diverse cause, dalle vibrazioni, all'intervento dei sistemi di correzione dell'errore, al jitter, un tipo di distorsione legata ad asincronia temporale del segnale digitale, che ha determinato l'uso di clock sempre più sofisticati fino al ricorso al cesio utilizzato negli orologi atomici.
Nonostante 25 anni di evoluzione tecnologica, il sistema cd non ha mai convinto del tutto dal punto di vista musicale.
Non ci sono differenze misurabili fra un lettore di classe economica ed uno di classe elevata che evidenzino le differenze all'ascolto, ed ancora oggi le riviste specializzate continuano a pubblicare grafici e misurazioni che continuano a dimostrare la non correlazione tra misure e sensazioni soggettive verificate dai loro stessi recensori.

Davanti a questi fatti inesplicabili, ingegneri e progettisti avrebbero dovuto reagire, ma questi, in evidente difficoltà di comprendere il problema, hanno preferito parlare di aspetti soggettivi, di differenti sensibilità degli ascoltatori, di prevenzione, di suggestione, di tutto cioè pur di minimizzare ed a volte ridicolizzare le posizioni soggettiviste, creando di fatto una barriera tra tecnici ed ascoltatori.

Passati inosservati in quanto fuori dal tempo ed iconoclasti, alcuni personaggi, rarissimi per non dire unici, ipotizzarono, negli anni ottanta, che fenomeni al di fuori della catena audio potessero influenzare la percezione della musica e che quindi una "nebbia", nell'ambiente, (da non confondere con la scienza dell'acustica ambientale), potesse offuscare la qualità del segnale emesso da apparecchiature che a questo punto venivano sgravate da colpe a loro attribuite.
Ovviamente tali ipotesi andavano in conflitto con la realtà del mercato, da qui la scarsa per non dire nulla visibilità data a queste teorie dai mezzi di stampa, e il relativo ostracismo ai promulgatori.

PETER BELT

Il primo che in inghilterra, verso il 1975, scoprì che strani fenomeni esterni alla catena di riproduzione, avevano la capacità di influenzarne le prestazioni. Ebbe un breve periodo di notorietà grazie agli stranissimi oggetti venduti, creme, foglietti multicolori, pennarelli trattati, ma probabilmente, l'aspetto folkloristico delle sue teorie, camuffava una conoscenza degli effetti dei campi elettromagnetici, e dei fenomeni elettrostatici e della loro influenza sul suono riprodotto.
Ispiro' la Linn e le sue teorie sulla single speaker demonstration, ovvero sulla rimozione dall'ambiente d'ascolto di elementi perturbatori come altri diffusori, orologi elettrici, sveglie, telefoni etc.
E' ancora sul mercato, opera tramite la società PWB electronics.

(http://www.belt.demon.co.uk/

OSH

La società OSH (Oxigene systeme huit),sotto l'impulso di Gèrard Noel, depositò nel 1986, un brevetto riguardante, per la prima volta, la messa in causa di certe molecole polari o polarizzabili, in particolare, molecole d'acqua.
Non e' ancora chiara la relazione con le perturbazioni acustiche e sui meccanismi che le generano.
Questa società commercializza un certo numero di dispositivi destinati a ridurre o eliminare gli elementi perturbatori del suono riprodotto, individuati e denominati con l'acronimo "Mis", ovvero "micro induzioni di superfice".

http://pageperso.aol.fr/_ht_a/fdzours/technique/Osh94.pdf


SICOMIN

Questa società francese, che si occupa di materiali e fibre d'avanguardia per varie applicazioni, si occupò immediatamente in occasione dell'inizio della commercializzazione del CD, delle problematiche riguardanti l'influenza sul suono di cariche superficiali presenti su dischetti, commercializzando uno speciale accessorio in carbonio da utilizzare nel meccanismo di trasporto del cd, e speciali cabinet in fibra di carbonio per apparecchiature audio.


http://www.sicomin.com/


MICRODECHARGES D'INTERFACE. (MDI) (Microscariche d'interfaccia)

Verso il 1996 Pierre Johannet si occupò da una diversa angolazione, del problema cavi, attraverso la formulazione della teoria delle MDI.

Perchè i cavi? Perchè pur avendo una struttura estremamente semplice, si resta del tutto incapaci di prevederne le prestazioni musicali.
Qual'è l'ipotesi?
Essa deriva da un'osservazione di un fenomeno già noto dagli inizi dell'uso dell'elettricità, sui conduttori ad alta tensione.
dato un diametro, e a partire da un determinato livello di tensione, un conduttore nell'aria è circondato da un alone "effetto corona" costituito da scariche che si sviluppano nell'aria a partire dalla superfice del conduttore.
Il conduttore si illumina in superfice prendendo l'aspetto di un tubo al neon nell'oscurità. Le tensioni sono naturalmente elevate, diverse migliaia di volts, ma queste tensioni possono essere anche molto più ridotte perchè il fenomeno si presenti, se la superfice del conduttore presenta delle irregolarità.

Queste scariche si presentano come impulsi di breve entità, nell'ordine di 0.1 fino a 0.01 microsecondi e si producono negli isolanti dei cavi. Si parla quindi di scariche parziali che si utilizzano come test per la qualità dell'isolamento, nei materiali ad alta tensione.
La questione che Johannet si pose riguardava la possibilità che queste microscariche potessero formarsi anche nei cavi per uso audio sotto l'azione di pochi o frazioni di volts.
La possibilità di questa ipotesi venne confermata da un esperto di microscariche del CNR francese, Lambert Pierrat.

Questa osservazione, pur non supportata da misure, presentava interessanti risvolti, in quanto si adattava a risolvere dei quesiti che da sempre gli audiofili avevano accumulato in materia di cavi.
In particolare:

L'apparente superiorità dei conduttori in argento puro.

L'apparente superiorità dell'isolamento in teflon, caratterizzato da una rigidità dielettrica tale da opporsi in modo ottimale. alle microscariche.

Il fatto che gli ultimi metri di cavo siano più influenzati dal fenomeno delle microscariche per quanto riguarda i cavi di alimentazione.

La generazione di campi elettromagnetici e la propagazione delle microscariche lungo l'isolante con relativa tendenza a generarne altre.

L'incidenza sulle microscariche di particolari misure di cavo, con relazione fra qualità del suono e misure ottimali in lunghezza.

Il rodaggio dei cavi relazionato alla stabilizzazione ed alla riduzione delle microscariche in relazione al tempo di immobilità del cavo.

Una primitiva ipotesi di conseguenza pratica delle microscariche sulla qualità del suono dei cavi, prendeva in considerazione la formazione di un rumore di fondo percepibile più come una leggera nebbia che come rumore vero e proprio.
In seguito prese piede l'ipotesi che queste microscariche potessero avere una influenza sul campo ionostatico, quindi come polluzione elettronica e relativo "inquinamento" dell'aria, attraverso la quale il suono si propaga.

CAVI E SOLUZIONI.

La soluzione per le microscariche dei cavi,venne individuata alla fine degli anni novanta. Si trattava di iniettare una soluzione fisiologica, disponibile in tutte le farmacie, tra il conduttore isolato e la guaina. Venne brevettata la denominazione "Biocable".

Rimaneva il problema del campo elettromagnetico e la eventuale sua reazione con le microscariche, l'ipotesi era che le molecole polari, depositate sulla guaina, si mettessero ad oscillare sotto l'effetto delle scariche, fenomeno combattuto dai biocavi.
Inoltre si ipotizzò che le oscillazioni potessero propagarsi lungo tutta la lunghezza del cavo, in seguito si vedrà che questo è solo la punta dell'iceberg, per cui fu ideata una soluzione che prevedeva l'applicazione di un campo elettrico e magnetico sulla superfice del cavo. Ma ovviamente l'impresa di neutralizzare le microscariche era una lotta contro i mulini a vento, queste potevano espandersi agli altri cavi, penetratre dentro le apparecchiature, ed inoltre bisognava considerare anche i diffusori il cui interno era costituito altrettanto da abbondanti dosi di cablaggio.

La protezione degli amplificatori prevedeva l'uso di condensatori in polipropilene e polistirene, dotati di una minor assorbimento del dielettrico e quindi con minore "memoria" del segnale , l'eliminazione dei condensatori d'accoppiamento, il filtraggio dell'alimentazione, soluzioni alle quali si ispirò probabilmente Lavardin, costruttore di amplificatori, dichiarati " i primi, privi di effetto memoria".

La teoria delle microscariche ebbe un buon successo presso i costruttori, l'incremento di qualità del suono nelle apparecchiature che si ispiravano a questa tecnologia era anche evidente, restava un punto debole, una tragica assenza di documentazione e misure, tutto era accettato sulla base dell'ipotesi non dimostrata, ed infine rimaneva ancora un grosso nodo insoluto: il sistema di altoparlanti.

Anche, e forse in modo più accentuato rispetto ad altri componenti, il suono di un sistema di altoparlanti è assolutamente decorrelato dalle misure tradizionali, inoltre la estrema variabilità del suono dei diffusori acustici in relazione alla catena a monte, rende ancora più difficile l'identificazione di una precisa personalità sonora, mettendo in discussione quindi la classica definizione degli altoparlanti come anello più debole della catena.

Un esperimento fu effettuato da Pierre Johannet insieme a Pascal Trentin, nell'ottica della ricerca sulle microscariche.
Una membrana di un altoparlante venne sottoposta ad un campo magnetico alla stregua di un comune cavo.
non ci si aspettava una differenza ma invece ciò che risultò all'ascolto, fu un miglioramento nel suono in particolare una maggiore fluidità e scorrevolezza, nonchè un incremento in dinamica .
La prima conclusione fu allora la seguente: le microscariche sotto forma di onde ad alta frequenza, migrano sulla membrana perturbando l'accoppiamento membrana aria.
Il campo magnetico, in questo caso costituito da due magneti in ferrite opportunamente orientati, assorbendo una parte dell'energia dell'onda hf generata dalle microscariche, non poteva che migliorare l'accoppiamento membrana-aria.

La strada della ricerca sull'influenza della qualità dell'aria sulla qualità del suono era ormai definitivamente tracciata.

IONI LANGEVIN
A causa di variazioni atmosferiche, della naturale radioattività, dei raggi cosmici, inclusa l'attività umana produttrice di reazioni chimiche, delle molecole si ionizzano per perdita o cattura di elettroni momentaneamente liberi.
Gli ioni cosiddetti Langevin, dal nome del loro scopritore, risultano dall'aggregazione di piccoli ioni su particelle solide o liquide estremamente piccole, formando dei nodi di condensazione a grappolo. Anche la respirazione umana interviene nella formazione di grossi ioni, sia negativi che positivi.
La vita di questi grossi ioni è quantificabile in circa un'ora, contro i due o tre minuti degli ioni leggeri.
Gli ioni pesanti spariscono per l'incontro di uno ione pesante di polarità opposta, altrettanto gli ioni leggeri, questi ultimi hanno più probabilità di neutralizzarsi a causa della maggiore mobilità. In concomitanza della formazione o sparizione di questi ioni, si formano delle onde magnetiche a particolari frequenze.

L'AZIONE DEGLI IONI LANGEVIN SUL SUONO:

Sembra che il modo di interagire con la qualità del suono nel senso di deterioramento della trasmissione con conseguente perdita di musicalità, avvenga in conseguenza dell'incontro dell'onda sonora con un grosso ione Langevin avente una certa carica elettrica: da ciò deriva una deformazione locale del fronte d'onda che non può più essere annullata da un'ipotetica deformazione inversa.

Se comunque è possibile avere un'idea del modo di interagire degli ioni Langevin con la propagazione del suono nell'aria, resta da esaminare la loro influenza sul resto della catena, cavi inclusi.

Gli ioni Langevin non sono solo presenti nell'aria, essi aderiscono a tutte le superfici che ci circondano.

Prendiamo ad esempio un cavo, cavo per altoparlanti giusto per fissare un'idea, ma potrebbe essere anche un cavo di interconnessione o di alimentazione o per trasferimento di segnale video o digitale. Degli ioni Langevin aderiscono alla sua superfice isolante esterna per le forze di Van der Waals.
Questi ioni subiscono l'influenza del conduttore (tensione elettrica del segnale), ma influenzano altrettanto gli ioni che aerei che circondano il cavo, creando quello che Johannet chiama "reseau ionostatique", campo ionostatico.
In questo campo gli ioni sono accoppiati:

a) elettricamente per le forze di Coulomb.

b) elettromagneticamente per trasmissione di oscillazioni elettriche
ad alta frequenza da ione ad ione, ciascuno di questi si comporta
in pratica come un piccolo dipolo che contemporaneamente riceve ed
emette.

A questo punto bisogna considerare una cosa: nell'oceano di variabili ed incertezze che governano il mondo della riproduzione audio di qualità, una certezza è rappresentata dal fatto che i cavi, alle misure, presentano un comportamento quasi perfetto per la trasmissione del segnale, ben al di sopra delle capacità uditive umane.
Se dunque si ammette che il cavo rispetti perfettamente l'integrità del segnale, almeno per quello che si misura, e se si ammette l'udibilità della sua influenza sull'ascolto, cosa che si constata nella pratica, allora bisogna cercare la causa della sua influenza sul suono, non nella sua funzione prioritaria che è quella di trasferire segnale, ma nella possibilità che esso influenzi il campo vicino che lo circonda.
Non ci sono alternative: come diceva Sherlock Holmes, quando si è escluso l'impossibile, bisogna considerare l'inverosimile!
Se non è il cavo a fare la differenza, è qualcosa al di fuori di lui.

Una parentesi a questo punto: per eliminare gli ioni Langevin dalla catena, sulla quale essi dimorano per asssorbimento, una soluzione radicale sarrebbe quella di utilizzare i vari elementi, sotto vetro, ovviamente altoparlanti esclusi.
Abbiamo avuto due esempi sul mercato, una meccanica per cd (Mcromega) ed un cavo realizzato con conduttori sotto vetro sempre da un costruttore francese (Fadel).

Abbiamo visto che nella prima parte la teoria delle microscariche che creavano turbolenze attorno alle guaine esterne dei cavi con conseguente influenza sulle apparecchiature vicine era stata oggetto di ricerca da parte della EDF (Reserches et dèveloppement de Chamart), dal 1996 al 2003, ma, in assenza di documentazioni e misure concrete, questa teoria venne abbandonata a favore della teoria sugli ioni Langevin, anche se, a ben guardare, concettualmente entrambe le teorie si traducano nel concetto di onde ad alta frequenza che si propagano sulle superfici isolanti o nell'aria e influenzando quindi il campo ionostatico che pervade la catena di riproduzione.

E' l'aria quindi sotto accusa , l'incidenza degli ioni Langevin ed in generale degli ioni positivi deve essere neutralizzata, un generatore di ioni negativi è necessario.

E ormai assodata la benefica influenza sul benessere fisico di uno ionizzatore , nessuno aveva mai pensato però, che la sua azione potesse estendersi, liberando il cammino delle onde sonore, al miglioramento della qualità dell'ascolto della musica.

giovedì 24 luglio 2008

Scena, evento, evocazione.

Herodes Atticus Odeon. Atene

Mikis Theodorakis. Live at Herodes Atticus Odeon 2005.
Concerto per la celebrazione dell'ottantesimo compleanno del maestro.
Strose to stroma sou gia dou.
Zorba.


Cerchietti verdi: posizione microfoni.

Immagine complessiva ripresa dai microfoni

Impianto di riproduzione.

Scena riprodotta.


Da sempre l'uomo ha sentito il bisogno di immaginare mondi artificiali in cui reinventarsi l'esistenza; questo bisogno ha trovato la sua espressione concreta - sin dalle prime presenze antropiche - nello spettacolo.
Lo spettacolo ha la funzione di evocare uno spazio ed un tempo artificiali, proiettando lo spettatore in una dimensione diversa da quella in cui vive abitualmente. Il compito dell'architettura è di contribuire a creare questo slittamento dal reale all'immaginario.
Per quanto diversi siano poi i tipi di spettacolo (di prosa, lirico, musicale ecc.) esiste un diaframma, visibile o non, tra spettatori ed artista; questi adotta potenti forme di espressione: il suono, l'immagine, il movimento. L'azione scenica deve poi trasmettersi, propagarsi da un soggetto all'altro attraverso apparati scenici e sonori e meccanismi che diffondano lo spettacolo in modo coinvolgente.

Chiudendo gli occhi, di fronte ad un buon impianto di riproduzione, dovremmo "vedere" musicisti e cantanti di fronte a noi, all'interno di uno spazio acustico virtuale.
La creazione di una scena tridimensionale e' ottenuta tramite una elaborazione da parte del cervello, della leggera differenza tra i segnali del canale sinistro e destro che arrivano simultaneamente alle nostre orecchie.
La percezione visuale funziona allo stesso modo: non esiste un'informazione di profondità nella retina del nostro occhio, il cervello elabora la profondità da due immagini piatte.
Un superbo soundstage, in un sistema di riproduzione, è estremamente fragile. Ogni dettaglio deve essere curato. Posizione d'ascolto, acustica ambientale, posizionamento dei diffusori, cablaggio, tutto concorre a mantenere intatte le sottili nuances, fondamentali al nostro cervello, al fine di ricostruire e focalizzare l'evento catturato ed elaborato dagli artefici della registrazione.

lunedì 14 luglio 2008

Verità, o arte della riproduzione ?

Teatro Olimpico. Vicenza.

Mozart: Mitridate re del Ponto. (Harnoncourt). Teatro Olimpico.



Arte come verosimiglianza all'originale o arte come generatrice di emozioni che possono superare la natura stessa di ciò che imita?

Immaginiamo un teatro ovale, i cui palchi siano affollati di spettatori dipinti nell'atto di partecipare a ciò che avviene sotto.
Alcuni spettatori non gradiscono il fatto che si pensi di far credere loro una cosa tanto inverosimile.
Viene fuori una discussione tra uno spettatore e l'avvocato dell'artista che ha avuto l'idea di dipingere gli spettatori.
Il dialogo cerca di chiarire il punto di vista dell'artista e la plausibilità di una simile scelta.

AVVOCATO DELL'ARTISTA : Vediamo se possiamo trovare un punto di contatto.

SPETTATORE: Ma quale punto di contatto! Non capisco come lei possa giustificare una simile idea !

AVVOCATO: Se va a teatro, lei non si aspetterà certo che tutto quello che vedrà li dentro sarà vero e reale!

SPETTATORE: Ovviamente no, pretendo però, che tutto mi appaia vero e reale.

AVVOCATO: Mi perdoni se la contraddico, ma io affermo che lei non lo pretende affatto.

SPETTATORE: Questo sarebbe proprio strano ! Se non lo pretendessi affatto, perchè i decoratori perderebbero il loro tempo a dipingere secondo le regole della prospettiva, perchè studiare i costumi, perchè curare l'illuminazione, perchè spendere tanto al fine di trasportarmi nel tempo in cui avviene l'opera? Perchè gli attori recitano in modo da farmi dimenticare l'inganno al fine di farmi vedere non un'imitazione, ma la cosa reale ?

AVVOCATO: Lei descrive benissimo le sue sensazioni, ma cosa direbbe se io obiettassi che nessuna rappresentazione a lei appare reale come lei dice, ma di tutte è cosciente che siano soltanto pallide imitazioni del vero!

SPETTATORE: Mi porti degli esempi.

AVVOCATO: Se si trova all'opera lei prova un piacere vivo e completo, non è vero?

SPETTATORE: Se tutto funziona, si.

AVVOCATO: Ma quegli attori e cantanti che si sgolano esprimendo sentimenti, odio, amore, passione, che si azzuffano e si dividono cantando, le appaiono realmente veri e credibili ?

SPETTATORE: In verità , a ben riflettere, non oso affermarlo.

AVVOCATO: E di tutto ciò tuttavia lei e' contento e soddisfatto, non è vero questo ?

SPETTATORE: Senza dubbio.

AVVOCATO: Non si sente quindi ingannato ?

SPETTATORE: A dire il vero, si e no.

AVVOCATO: Quindi la sensazione di essere trasportati con un'opera ,in realtà è un inganno ?

SPETTATORE: Malvolentieri ammetto che in parte è vero.

AVVOCATO: Eppure anche questo non è vero , a volte lei è completamente trasportato e dimentica se stesso come se fosse completamente incantato !

SPETTATORE: Mi è accaduto in effetti qualche volta.

AVVOCATO: Mi può dire quando ?

SPETTATORE: In molti casi, quando, penso, ogni cosa sta funzionando al meglio.

AVVOCATO: Possiamo allora attribuire all'opera d'arte, non la verità di ciò che imita, ma una verità interiore che va ben oltre di ciò che appare.
Un'opera d'arte può essere desiderata come sola imitazione della natura, soltanto da un destinatario incolto, comunque utile e prezioso per l'artista.
Il vero appassionato non guarda solo la perfezione di ciò che è imitato, ma la ricchezza spirituale ed il divino del piccolo mondo artistico.

(libera sintesi da uno scritto di Goethe sulla verosimiglianza dell'arte)

venerdì 20 giugno 2008

Estasi aurale.



Foto: Ansel Adams.

Di quanta verità abbiamo bisogno nella ricerca della bellezza ?

Di quanta verità abbiamo bisogno nella ricerca dell'illusione?

Oppure, invertendo i termini, può un'illusione aiutare nella ricerca della verità ?

Nel mondo dell'audio, che, per molti, è rappresentato dalla facile strada dello shopping isterico, la ricerca dell'estasi musicale e' lunga e difficile, e non e' detto, anzi è improbabile , che l'obiettivo venga raggiunto, i fatti lo dimostrano, l'insoddisfazione latente o cronica e' la regola in questo settore.

La mancanza di consapevolezza del vero obiettivo, che spesso non si conosce, pur illudendosi spesso di averlo individuato, rende l'appassionato dipendente da chi dispensa consigli su cosa ascoltare, come si deve ascoltare e come acquisire sicurezza con il minimo di sforzo ed esperienza.

Spesso tutto questo e' temperato da una apparente concessione di una libertà personale di giudizio, un soggettivismo pesantemente condizionato dalla reiterata imposizione di cultura espressa in formule e luoghi comuni.

E' necessario fuggire da questo tipo di libertà , la libertà inquadrata e limitata dall'osservanza del canone tecnico.

E' la qualità dell'illusione ciò che conta !

Internet ha allargato la possibilità di acquisire cultura, abbiamo oggi risorse illimitate di conoscenza a cui attingere, ma purtroppo spesso non teniamo conto che la ricerca dell'estasi e' legata alla capacita' di illusione emanata dall'oggetto, e ,quasi mai, l'illusione e' tecnicamente razionalizzabile.

Quanto e' pericolosa la conoscenza ?

Dosi massicce di conoscenza potrebbero essere letali per chi non volesse limitare la propria immaginazione e la ricerca del bello , a meno di mantenere sempre la conoscenza al servizio dell'arte.

E' letale se si cade nella trappola dell'ortodossia , che nel campo audio raramente ha prodotto la tanto agognata estasi .

Tutti noi vorremmo sempre spiegazioni semplici a problemi complessi.

"Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem".

Guiglielmo di Occam, filosofo del 14° secolo, affermava che all'interno di un ragionamento vanno sempre preferite la semplicità e la sinteticità , fra le varie spiegazioni di un fenomeno spesso la più semplice e' quella che spiega meglio la causa dell'evento.

La difficile e contorta materia della riproduzione musicale, intrisa di tecnicismo ,inscindibile pero' dalla percezione soggettiva, può essere risolta in modo semplice da una ricerca di suggestione e di puro abbandono al piacere dell'ascolto, che spesso si perde , paradossalmente nel tentativo di accrescerlo, o , ancor di più , tentando di studiare , decifrare e razionalizzare tecnicamente l'esperienza musicale.

mercoledì 18 giugno 2008

12 certezze in un sistema di riproduzione della Musica.


1) La Musica, come l'amore, è un'emozione e non può essere misurata.

2) La conoscenza e la consapevolezza della musica, aumenta se le si da ascolto.

3) Tutti i sistemi audio sono un caos tecnico, nessuno ha mai misurato un sistema completo.

4) Un sistema audio allo stato dell'arte e' quello che pressa il tasto giusto che induce all'estasi musicale.

5) Non c'e' relazione fra risposta lineare e soddisfazione musicale.

6) Misure di distorsione con segnali statici non hanno relazione con la Musica.

7) Nessuno può conoscere ciò che è contenuto in un supporto musicale.

8) Tutti i sistemi audio sono strumenti musicali ed, in quanto tali, hanno personalità propria.

9) I diffusori acustici sono l'elemento più debole della catena.

10) E' impossibile la valutazione di un sistema di altoparlanti scisso dagli altri componenenti.

11) L'ambiente modifica il suono del sistema.

12) Valori di valutazione sono culturalmente determinati.

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lunedì 16 giugno 2008

Metafora aurale




Da una iniziale e semplicistica ricerca della fedeltà all'evento originale , acquisita l'impossibilita' di replicarne la qualità che, oltretutto, non può essere presente nel supporto in quanto mediata e filtrata dalle apparecchiature di ripresa, l'obiettivo della riproduzione audio di qualità si e' via via spostato verso la ricreazione di un evento a se stante, creatore e generatore di emozione , coinvolgimento , estasi, una forma d'arte che vede l'appassionato utilizzatore, assumere il ruolo di artista nella doppia posizione di creatore e fruitore dell'opera.

Antiscientifica proprio per la soggettivizzazione, apparentemente sostitutiva di un rigore nella scelta tecnica delle apparecchiature, questa filosofia ha aperto la strada ad una riduzione dell'approccio tecnicistico e le sue certezze supportate da dati e misure obiettive, a favore di una visione maggiormente artistica del prodotto audio come generatore di piacere musicale.

Come mai la fotografia in bianco e nero è spesso così vicina all'arte nonostante la completa mancanza dei colori della realtà , della quale e' apparentemente una sbiadita copia ?

Ansel Adams utilizzava la tecnica della "zona", un procedimento di fine tuning finalizzato a rivelare la massima lespressività del bianco e nero.
Una sottile analisi e messa a punto delle varie gradazioni tonali, orientate ad una visione globale della fotografia, il controllo di tante singole parti del fotogramma nell' un'ottica di una globale, perfetta coesione.
Ogni elemento, ottiche, carta, sviluppo,stampa, ottimizzato e finalizzato ad ottenere il massimo dalle limitate gradazioni tonali del bianco e nero.

Una variazione di un dettaglio ed il tutto deve essere rivisto!

C'è un' interdipendenza, in un processo fotografico, dalla ripresa alla stampa, così delicata tanto quanto quella dell'assemblaggio di un sistema di riproduzione della musica.

Il tutto per la creazione di una metafora.

Ed è nella nella qualità della metafora che si realizza l'arte.

Ed è nell'essenza della metafora, la necessità di una limitazione, affinchè l'immaginazione possa emergere e dominare.

Il bianco e nero di maestri del cinema e della fotografia, non ci impedisce di commuoverci davanti alla loro arte: non è la realtà delle loro immagini, ma la nostra immaginazione a creare coinvolgimento ed estasi.

Ansel Adams ha immortalato con stupende foto, il Colorado e le sue Montagne Rocciose.

E' indubbio il loro fascino , la loro bellezza e maestosità , irriproducibile con qualsiasi mezzo tecnico, ma queste foto, in un limitato bianco e nero, comunicano un'emozione diversa, una diversa esperienza che scaturisce dall' obbligare l' immaginazione a completare quello che l'opera non ha consegnato.

Il bianco e nero ci costringe ad una diversa relazione col soggetto, permettendoci di personalizzare ed espandere le nostre sensazioni.

Nelle foto di Adams, le montagne, gli alberi, i fiori, non vogliono comunicare la realtà , ma rappresentare la "montagnità" , l' "alberità" , la "fiorità" , i concetti originali che la nostra fantasia tradurrà nella nostra montagna, nel nostro fiore , nel nostro albero.

Cosi è per la musica riprodotta in casa, che non e' e non può essere l' evento originale, così come una foto non rappresenta e non vuole rappresentare il reale panorama delle Montagne Rocciose.
Se si tentasse di replicare l'originale, ammettendo fosse possibile, sarebbe un limite, paradossalmente, per una più profonda forma di trascendenza artistica.

La musica ricreata in casa da un sistema di riproduzione, è una parzialissima replica della realtà , è come una foto in bianco e nero che, nonostante la sua limitazione, certamente non impedisce e mai ha impedito il coinvolgimento e la capacità evocativa dell'ascoltatore.

Una minuscola parte dell'evento musicale originale capace di produrre un'illimitato godimento attraverso l''ascolto.

Un miracolo !

Ed è paradossale come spesso il piacere diminuisca o cessi, proprio quando si proceda nel vano tentativo del pretendere la realtà da un'immagine.

E' la qualità dell'illusione è ciò che conta !

Fantasia ed immaginazione, imprescindibili ingredienti dell' illusione, si rivelano, nell'arte, fondamentali elementi in grado di travalicare, espandendoli, i limitati confini di una riproduzione.