domenica 22 marzo 2009

La scienza, il suono, l'inglese e Lord Ringwood


LA SCIENZA, IL SUONO, L'INGLESE e "LORD RINGWOOD".

di Francesco Quartana


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La Musica di Osiride - …quasi un Prologo

"[...] Le stelle sbiadiscono come il ricordo nell'istante che precede l'alba. Il sole appare basso a est, dorato come un occhio aperto. Ciò che può essere nominato deve esistere. Ciò che viene nominato può essere scritto. Ciò che è scritto deve essere ricordato. Ciò che è ricordato vive. Nella terra d'Egitto va errando Osiride [...]”

dal “Libro dei morti degli antichi egizi”




Lord Carnarvon: «Riuscite a vedere qualcosa?»

Howard Carter: «Sì, cose meravigliose.»

da Howard Carter (1874-1939), “Tutankhamen”, Rizzoli (1973)




Egitto, Valle dei Re, 1323 a.c.
in un giorno di primavera

Il sole appariva basso a est, dorato come un occhio aperto, quando il sommo sacerdote entrò all’interno della tomba per controllare che nulla fosse stato dimenticato. Gli bastò dare una rapida occhiata ai vari locali per accorgersi che ogni cosa si trovava esattamente laddove era necessario che fosse.

Raggiunta la camera funeraria, si avvicinò con passo felpato allo scrigno di quarzite gialla e si chinò sui sarcofagi interni, ancora aperti, illuminandoli con la luce della lampada ad olio. Gli occhi della maschera luccicarono ed il blu lapislazzuli del contorno si accese come se il tutto vivesse di vita propria.

Non c’era ancora la piccola corona di fiori preparata dalla giovane vedova, che sarebbe stata deposta solo sopra una delle bare più esterne, ma ciò che si vedeva muoveva già a profonda commozione.

L’uomo rimase qualche istante in silenzio, disorientato dalla bellezza delle finiture e dai riflessi dell’oro, e non ebbe alcun dubbio: Osiride avrebbe accolto con somma gioia il Faraone fanciullo nel suo regno senza fine.

All’interno di quel luogo sacro, in cui ogni oggetto era stato posizionato non a caso, ma seguendo un disegno prestabilito, il sacerdote guidò l’erede del Faraone nella celebrazione del solenne “Rituale dell’apertura della bocca”, lo stesso a cui rimandavano gli splendidi dipinti alle pareti, in cui il defunto, raggiunto l’aldilà, veniva accolto dalla dea Nut e, successivamente, dal dio Osiride, pronto a cingerlo in un abbraccio di comunione.

Terminato quel rituale, l’uomo diede disposizioni affinché lo scrigno più interno – quello appunto di quarzite, contenente l’uno dentro l’altro i tre sarcofagi in cui era custodito il corpo del Re - venisse sigillato; poi si diresse verso l’anticamera.

Una statua di Anubis, posta all’ingresso, sembrava scrutarlo silenziosamente.

Muovendosi a stento tra gli innumerevoli oggetti già stipati nel locale, il sacerdote raggiunse quello che era sicuramente il più bello: un trono di legno ricoperto interamente d’oro e arricchito di intarsi in vetro e ceramica.

Se ogni parte di quell’oggetto era stata lavorata con cura, lo schienale in particolare rappresentava un ineguagliabile capolavoro di pittura ed oreficeria. Vi si vedeva raffigurata la Regina intenta a cospargere il corpo del Faraone, assiso di fronte a lei, di un qualche unguento o profumo. L’espressione dei loro volti era serena e felice, messa in risalto ancora una volta da un intenso blu lapislazzuli e dai benefici raggi di Ra che illuminavano la scena dall’alto.

L’uomo rimase qualche istante a contemplare quella meraviglia, quindi tracciò dei segni invisibili sulla seduta; successivamente, liberò dalla sottile copertura di lino, in cui erano avvolti, due oggetti che aveva portato appositamente con sé in quel luogo.

Due piccole trombe, una di bronzo e oro e l’altra d’argento, luccicarono alla debole luce della lampada, prima di venire deposte con cura proprio sopra lo splendido trono dorato: avrebbero guidato il giovane Faraone nel lungo e periglioso viaggio attraverso il Duat, dalle tenebre fino alla luce dell’aldilà e, quindi, al Giudizio del dio dei morti.

Ciò che bisognava fare, era stato fatto. Ciò che bisognava scrivere, era stato scritto.

Adesso sì, tutto era pronto e i musicisti potevano schierarsi per accompagnare con la Musica di Osiride le ultime operazioni di chiusura del sepolcro - il sacerdote sapeva che, da quel momento, non era più necessaria la sua presenza nella tomba.

Prima di abbandonare l’anticamera, tuttavia, l’uomo si diresse verso un giovane suonatore di sistro e gli consegnò tre piccole piramidi di legno ed una boccetta d’argento contenente un particolare unguento.

«Per chiudere la 'porta' che attira a sé l’energia del suono» - disse, gli occhi puntati con fierezza in quelli dell’altro, che già gli restituivano uno sguardo perfettamente complice.

Poi, senza aggiungere altro, socchiuse gli occhi e prese a salire lentamente i sedici gradini che lo avrebbero riportato all’aperto – sotto il cielo sacro d’Egitto, in una funesta alba di primavera…



- II -

Dalla parte dell’incertezza



«Il dubbio è uno dei nomi dell’intelligenza»

Jorge Luis Borges (1899-1986)


«Perché mai, o déi, due e due dovrebbe dar quattro?»

Alexander Pope (1688-1744)




Sosteneva, credo, Pierre Simon de Laplace (1749-1827), che Isaac Newton (1642-1727) era un uomo fortunato poiché in natura esiste una sola legge di Gravitazione Universale ed era stato proprio lui a scoprirla. Ed ancora, in apertura al suo famoso “Saggio filosofico sulle probabilità” (1812), che:

“un’Intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze da cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se per di più fosse abbastanza profonda da sottomettere questi dati all’analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti più grandi dell’universo e dell’atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi (…)”.

Stiamo parlando, ovviamente, di quella visione analitica ed estremamente razionale della Natura che viene ricordata ancor oggi col nome di “determinismo” laplaciano, e che rappresenta il leitmotiv che accomuna un po’ tutte le opere del grande studioso francese.

D’altra parte, quando all’inizio dell’Ottocento Napoleone chiedeva proprio a Laplace come mai, in un’opera monumentale qual era la sua “Meccanica celeste”, l’autore non avesse mai ipotizzato l’esistenza di Dio, Laplace rispondeva che per scriverla non gli era stato "necessario servirsi di quell’ipotesi…"


David Hilbert

Sosteneva - e qui sono sicuro - David Hilbert (1862-1943), sul finire dell’Ottocento, che la Matematica, ovvero tutto ciò che in essa si afferma potesse essere ricondotto semplicemente ad alcuni assiomi di partenza opportunamente scelti, sulla base dei quali poter dimostrare, appunto, ogni proposizione interna alla matematica stessa - anzi, direi che questo rimase il sogno più grande del padre del formalismo matematico.

Oggi sappiamo che tanto Laplace quanto Hilbert si sbagliavano. Tuttavia, anche se sono crollate sia le certezze del determinismo sia quelle del formalismo, direi che siamo immensamente più ricchi, essendosi aperti davanti a noi, d’un tratto, nuovi orizzonti di ricerca.

In Fisica c’è una differenza sottile, ma non banale, tra ciò che si definisce “Legge” e ciò che si definisce “Principio”.

Le leggi vengono provate in laboratorio e descrivono, in sintesi matematica, la natura di un fenomeno.

È una precisa “Legge”, ad esempio, quella che descrive il fenomeno per cui la Terra ruota intorno al Sole - la “Gravitazione Universale”, già ricordata più sopra - oppure quella che descrive in che modo due corpi puntiformi carichi si attraggono o si respingono – la “Legge di Coulomb”.

Un “Principio” è molto di più: è qualcosa che nessuno ha mai smentito e di conseguenza costituisce il fondamento di una determinata parte della Fisica.

Sono principi quello di “inerzia” oppure quello di “conservazione dell’energia meccanica” (sistemi conservativi); è un principio, ancora, quello secondo cui, se due corpi sono posti a contatto, il calore fluisce “spontaneamente” sempre dal corpo a temperatura maggiore a quello a temperatura minore, fino a che entrambi non si portano all’equilibrio termico (variante del “Secondo Principio della Termodinamica”).

Essi affermano proprietà così evidenti e sempre verificate - almeno nell’ambito della Meccanica classica - che sarebbe riduttivo definirli leggi.

Quasi sempre un principio definisce anche un limite imposto dalla natura.

Supponiamo di conoscere, ad un dato istante, la posizione esatta occupata da un elettrone che si stia muovendo in una regione dello spazio. In questo caso, l’esperienza prova che non potremo mai risalire, in alcun modo, alla velocità esatta della particella in quello stesso istante.

Viceversa, se conoscessimo in modo esatto la sua velocità, allora non riusciremmo mai ad ottenere alcuna informazione valida sulla sua posizione.

Tale limite, imposto dalla natura indipendentemente dall’abilità di chi conduce le misure, prende il nome di “Principio di indeterminazione” di Heisenberg (1927) e può essere considerato il punto di partenza della cosiddetta “Meccanica Quantistica”, ovvero quella parte della Fisica moderna che fonda su leggi probabilistiche e secondo cui, il semplice atto di “osservare” un certo fenomeno fisico produce effetti sul sistema osservato ed interagisce con esso.

Com’è facile intuire, si tratta di un principio assolutamente incompatibile col determinismo laplaciano e le cui conseguenze aprono scenari del tutto inimmaginabili in passato.


Se in ambito fisico lo spettro dell’incertezza si chiama “indeterminazione”, e fa capo al già citato principio di Heisenberg, in matematica prende il nome di “indecidibilità”, e fonda su uno dei più importanti teoremi che siano mai stati dimostrati.

Werner Heisenberg


In matematica, un “assioma” è un’affermazione che viene assunta vera senza che la si dimostri. Un teorema invece è un’affermazione a cui si giunge, per dimostrazione, partendo da alcuni presupposti iniziali considerati “veri” e a cui si dà il nome di “ipotesi” - si pensi ad esempio al celebre “Teorema di Pitagora”, che esprime una precisa proprietà relativa ai lati di ogni triangolo rettangolo…

Uno degli assiomi più noti è probabilmente quello delle parallele introdotto da Euclide nel III secolo a.c., sulla base del quale, in sostanza, due rette parallele non hanno punti in comune.

Questa affermazione non si dimostra e partendo dal suo contenuto si riesce a costruire quella che chiamiamo “Geometria euclidea”, spesso utile per una descrizione razionale del mondo visibile.

Se, però, si assume per assioma che due rette parallele abbiano un punto in comune, allora è possibile costruire una nuova geometria, non euclidea, altrettanto coerente e che trova notevoli applicazioni in diversi campi della scienza.

Quali che siano gli assiomi scelti su cui fondare una teoria matematica formale, è ragionevole pensare che essi debbano costituire sempre ciò che viene detto un “sistema coerente e completo”.

Affinché un sistema di assiomi sia coerente (non contraddittorio), deve accadere che, partendo dagli assiomi, non si giunga a dimostrare che una certa affermazione risulti contemporaneamente vera e falsa.

Affinché il sistema risulti, invece, completo, è necessario che ogni affermazione (o la sua contraria) all’interno della teoria costituisca un “teorema”, cioè un asserto “dimostrabile”.

Come già accennato, su tale presupposto di coerenza e completezza fondava appunto il più grande sogno di Hilbert: riuscire a trovare il migliore dei sistemi assiomatici possibili, cioè quel sistema di assiomi, coerente e completo, a cui ricondurre non una precisa teoria matematica, ma addirittura “tutta” la Matematica.

Prima di proseguire, prendiamo in considerazione la seguente affermazione, nota anche come paradosso di Epimenide, noto filosofo dell’antichità.

http://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_del_mentitore

Epimenide afferma:

«Io sono un mentitore»

Se volessimo stabilire se tale proposizione è dimostrabile, sorgono problemi.

Ammesso che sia “vera”, infatti, avremmo che Epimenide starebbe affermando una cosa vera dichiarando, però, di essere uno che mente, e dunque ci sarebbe un’evidente contraddizione.

D’altra parte, l’affermazione non può essere neppure “falsa” (il che equivarrebbe ad ammettere che è vera la sua contraria), poiché, in questo caso, avremmo che Epimenide sarebbe uno che dice il vero, ma il suo affermare di essere un mentitore porgerebbe ancora una volta una contraddizione.

Quella appena considerata è un esempio di proposizione “indecidibile”, cioè una proposizione della quale, se riuscissimo a dimostrare che è vera o che tale è la sua contraria, avremmo in ogni caso una contraddizione, con conseguente perdita di coerenza del sistema in cui sia stata definita.



Kurt Godel e Albert Einstein

L’esistenza di tali proposizioni costituì motivo di grande imbarazzo per i matematici di fine Ottocento, ma all’inizio del nuovo secolo fu anche il punto di partenza degli studi di Kurt Gödel (1906-1978), un giovane matematico austriaco autore di un teorema – in realtà due teoremi, il secondo ancora più destabilizzante del primo - tra i più straordinari della letteratura scientifica di ogni tempo.

Cerchiamo di capire il perché.

Supponiamo, per un attimo, di essere riusciti a costruire un sistema formale di assiomi matematici che fondi sulla coerenza, cioè un sistema che, se si utilizzano le regole della logica, non consenta di provare che una qualche affermazione interna al sistema è contemporaneamente vera e falsa.


Ebbene, il “Teorema di incompletezza” di Gödel (1931) stabilisce che un tale sistema non potrà mai essere “completo”, il che equivale a dire che esisterà sempre, all’interno del sistema stesso, almeno un’affermazione “indecidibile”, cioè un’affermazione “vera” e pur tuttavia non dimostrabile!

Ma la questione è ancor più sottile.

Se volessimo aggirare l’ostacolo decidendo di elevare ad assioma tale affermazione (assumendo vera, indifferentemente, essa o la sua contraria), in modo da non doverla più dimostrare (si ricordi che un assioma è, per definizione, un’affermazione vera che non si dimostra), il nuovo e più ampio sistema che verremmo così a costruire porterebbe nuovamente, al suo interno, almeno una proposizione indecidibile.

Si tratta di un risultato eccezionale, la cui importanza non poteva essere colta e accettata rapidamente dalla comunità scientifica del tempo. Occorreva un sacrificio: bisognava voltar pagina e diventare improvvisamente adulti, abbandonando per sempre un sogno – quello di Hilbert – assolutamente irrealizzabile.

Malgrado gli ostracismi iniziali, alla fine anche i più conservatori dovettero arrendersi all’evidenza dei fatti e riconoscere il genio di Gödel. Quest’ultimo, nel 1978, ormai malato di mente, si sarebbe lasciato morire di denutrizione in quanto convinto che qualcuno avesse intenzione di avvelenarlo.

La grandezza del suo teorema, naturalmente, è sopravvissuta. E per l’enorme contributo che il suo autore ha dato alla Matematica, all’inizio del nuovo millennio, non a caso, Time ha indicato proprio in Kurt Gödel “il matematico più rappresentativo del ventesimo secolo”.

Il “Principio di indeterminazione” di Heisenberg ed il “Teorema di incompletezza” di Gödel rappresentano due dei più importanti risultati della conoscenza umana. Il primo è appannaggio della Fisica, l’altro della Matematica.

Entrambi, se da una parte hanno aperto una voragine in ambito scientifico mostrando l’impossibilità di risolvere in positivo la cosiddetta “Crisi dei Fondamenti”, dall’altro hanno creato nuovi campi di indagine e dato vita, soprattutto, ad un nuovo modo di pensare.

Faremo bene a ricordarcene tra un attimo, quando prenderemo in considerazione i fenomeni connessi col suono e la sua percezione…




- III -

“Provando e riprovando”




«Ogni grande progresso scientifico è scaturito da un nuovo atto d'audacia dell'immaginazione»

John Dewey (1859-1952)



«La mente che si apre ad una nuova idea non torna mai alla dimensione precedente»

Albert Einstein (1879-1955)


domenica 22 febbraio 2009

Clarke's three laws



Di Arthur C. Clarke, recentemente scomparso, illuminanti sono le cosiddette "tre leggi" sulla previsione del futuro:

« Quando un anziano affermato scienziato dichiara che qualcosa è possibile, ha quasi certamente ragione; quando dichiara che qualcosa è impossibile, ha probabilmente torto. »

« L'unico modo di scoprire i limiti del possibile è avventurarsi un poco oltre, nell'impossibile. »

« Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia. »



domenica 15 febbraio 2009

Magica tecnologia


Qual'è la linea di demarcazione tra tecnologia e magia?
Esiste una reale differenza?
La prima risposta che arriverà sarà: Certo che c'è una differenza!
La magia è basata sull'esistenza di un mondo non fisico, mentre la tecnologia si basa sul progresso e le scoperte della scienza!
Ma più si riflette su questa apparente dicotomia, più si realizza che non c'è un evidente stacco tra le due materie.
L'unica reale definizione del magico(prima dell'era tecnologica),era quella di un processo di forza basata sulla divinazione e sul mistero che circondava l'evento.
Spesso la magia era identificata in una pozione, appunto magica,in quanto composta da misteriosi e fantasiosi ingredienti capaci di produrre un'energia altrimenti impossibile da ottenere.
Ma qual'è la differenza con quella che oggi chiamiamo medicina, il cui prodotto, il medicinale, è creato con una formulazione il cui fine è di produrre benessere ed energia, tanto quanto la vecchia pozione magica?
La medicina non è altro che il processo magico che diventa tecnologia!

Consideriamo ora una persona che non conosca le nuances della tecnologia.
Un telefono cellulare non gli apparirà come un oggetto magico?
Il poter parlare con qualcuno con un piccolo aggeggio in mano non è magia per il non conoscente?
Ogni meraviglia tecnologica non gli apparirà come una magia?
Allora è la non conoscenza della causa di un fenomeno che determina il confine tra i termini magia e tecnologia.
Da ignoranti della quasi totalità dei fenomeni fisici che ci si presentano davanti ogni giorno, dovremmo chiamare magia tutto quello che si presenta ai nostri sensi e del quale non sappiamo dare una chiara ed organica spiegazione tecnica.
Non lo facciamo di fatto solo perchè qualcuno che non conosciamo ha dato una spiegazione che non conosciamo accettata da altri che non conosciamo, e sulla base di questo chiamiamo scienza ciò che per noi sarebbe in realtà, magia.

lunedì 9 febbraio 2009

Convinzione e Delusione


Se nel conoscere ci si limita a certezze ed esperienze acquisite, la delusione sarà ridotta al minimo o nulla.
La delusione può esistere solo se si aderisce ad un modo di vedere o a credenze che contraddicano una o più esperienze acquisite.
Non è però possibile che per caso si decida di vedere le cose da un'altra angolazione.
Cosicchè la delusione, nel processo della conoscenza, rimarrà sempre un evento improbabile.

E'impossibile cambiare il modo di pensare di un individuo senza una sua precisa volontà di voler accettare un diverso modo di vedere.
Anche davanti al ragionamento più stringente, l'oppositore creerà una barriera protettiva al suo modo di pensare per non ingenerare in se una riduzione dell'autostima ed il conseguente insorgere di una profonda delusione.
Si può cambiare idea, ma in un modo differente.
E' sufficiente che un gruppo leader acquisisca una diversa opinione su un argomento: questa verrà con molta più facilità accettata da un consistente numero di seguaci trascinati e convinti sia dal carisma del gruppo interpretante sia dalla rassicurazione del numero dei seguaci aderenti all'interpretazione alternativa.
Da qui potrà scaturire un radicale cambio del modo di analizzare un argomento o una situazione tanto da arrivare a meravigliarsi di aver potuto prima valutare l'oggetto o l'evento in modo differente.
Gli effetti di un idea rivoluzionaria sono a loro volta destinati, una volta accettati e divenuti acquisizione collettiva, a diventare il nuovo statu quo, il nuovo ostacolo all'introduzione di nuove idee e di nuove interpretazioni in un processo (o progresso) senza fine.

lunedì 19 gennaio 2009

Peter W. Belt: Do you believe in magic ?




Pochissimi conoscono un personaggio inglese che, alla fine degli anni 70, con teorie deliranti mise a soqquadro il mondo dell'alta fedeltà inglese, asserendo che in un sistema audio la qualità del suono percepito non fosse soltanto influenzata dalla bontà delle apparecchiature ma , soprattutto, da tutto l'ambiente circostante e non non dal punto di vista tradizionale dell'acustica ambientale.
Gli oggetti presenti nella stanza d'ascolto , producendo un "campo avverso", sarebbero capaci di influenzare la capacità dell'ascoltatore di percepire la qualità del suono riprodotto.
Questi oggetti, dopo la cura con strisce adesive luminescenti, cremine, liquidi, etc, opportunamente trattati da Belt , perderebbero la loro iniziale negatività riducendo quindi gli ostacoli alla percezione della qualità che si presumerebbe quindi, eesere presente nella sala d'ascolto in misura superiore a quanto percepibile.
Ovviamente la comunità audio internazionale fu scioccata da queste teorie fuori dal senso comune, e, nonostante numerose verifiche sul campo , anche da parte di personaggi all'epoca ed ancor oggi accreditati, Peter W. Belt fu rapidamente emarginato e sparì dal mercato, o meglio, dalla presenza sulla stampa ufficiale.
In realtà non sparì perchè ancora oggi la PWB è in attività ed ha un sito complicatissimo da leggere per i non iniziati., con argomenti e discussioni riguardanti in maggior parte, il meccanismo della percezione della qualità d'ascolto.

http://www.belt.demon.co.uk/


Per far conoscere il pensiero di quello che è stato, nella storia dell'audio, l'inventore ed il precursore del tweak estremo, ecco la traduzione di due lettere scritte dalla famiglia Belt, a Greg Weaver di Soundstage, rivista on line di audio.

Caro Greg
Avendo notato il tuo interesse, mi sono preso la libertà di scrivere una lettera non richiesta per illustrarti un'unica ed originale scoperta fatta da mio padre Peter Belt.
Mio padre ha lavorato su un nuovo e rivoluzionario concetto per diversi anni, arrivato oggi ad uno stadio abbastanza avanzato.
Sfortunatamente è difficile sintetizzarlo in pochi concetti, ma fondamentalmente ha scoperto che tutti gli oggetti presenti in un ambiente, hanno un campo energetico che influenza negativamente la nostra soggettiva percezione del suono.
Non sono escluse le apparecchiature audio.
Quando ascoltiamo musica quindi, corpo e sensi sono sotto stress e la nostra percezione del suono viene attenuata.
Io capisco che tutto ciò è ridicolo ed antiscientifico, ma tutte le nuove teorie spesso lo sono.
Mio padre ha realizzato dei semplici oggetti, come nastrini , foglietti adesivi,e vari altri che, trattati in modo opportuno, sono in grado di neutralizzare l'energia negativa.
I risultati sul suono sono stupefacenti!
Sono d'accordo sul tuo essere scettico, ma ti consiglio caldamente di provarli!
Farei notare che tutti i tweaks utilizzati dagli audiofili attualmente, non producono il loro effetto per la funzione che dichiarano di possedere, ma, quando funzionano, essi di fatto lo fanno in quanto riducono il campo avverso dell'apparecchiatura dove sono stati applicati.
Come affermato in precedenza, i miglioramenti sono spettacolari.
Se vuoi rimuovere incredulità e scetticismo,ti spedirei un campione gratuito di uno dei prodotti commercializzati da mio padre.
Spero di sentirti presto.

Chris Belt.

Commento di Greg Weaver

Certamente tutto ciò ha catturato la mia attenzione!
Tutto questo però mi suonava un metafisico e paranormale, e chiaramente ho manifestato il mio scetticismo.
Benchè io non sia un'ingegnere, baso comunque la maggior parte delle mie conoscenze sulla scienza e non sul dogma.
Ma incuriosito, ho chiesto ulteriori spiegazioni.

Ecco la rispoosta.

"Una breve e semplicistica spiegazione della nostra teoria"

Noi crediamo che, come esseri umani, abbiamo assimilato in modo non percettibile ed acquisito attraverso l'evoluzione come meccanismo di sopravvivenza, un'istintivo riconoscimento di campi avversi e del senso di pericolo, nell'ambiente che ci circonda.
In presenza di questi campi, scatta un meccanismo che allerta i nostri sensi o quantomeno li tiene in attività.
Come risultato di ricerche empiriche, abbiamo concluso che oggetti moderni come apparecchiature elettroniche ed elettriche, plastica, batterie etc, producono questi campi avversi. In risposta a tutto questo, gli esseri umani hanno sviluppato un modo di modificare il loro stato fisiologico in modo da adattarsi e convivere con questi oggetti.
In questo stato di allerta non siamo in grado di cogliere le sottili nuances del suono.
Ulteriormente, (secondo le teorie di Rupert Sheldrake biologo inglese portatore di teorie rivoluzionarie basate sulla "morphic resonance"):
Noi crediamo che tutti gli oggetti siano collegati tra loro e che quindi anche i loro campi avversi siano altrettanto collegati.
I nostri prodotti incorporano beneficiali campi di energia e, quando attaccati ad un oggetto di campo avverso, ne neutralizzano l'energia negativa trasformandola in una "friendly".
Il nostro stato fisiologico ora è in grado di rilassarsi e siamo ora in grado di apprezzare le sottili nuances del suono.
Più oggetti saranno "trattati", più grande sarà l'effetto liberatorio sul nostro stato fisiologico, e più ampia la percezione del miglioramento della qualità sonora.
Noi crediamo che l'esattezza della teoria possa essere verificata attaccando uno dei nostri prodotti (ad esempio una piccola striscia adesiva di "Silver Rainbow Foil") ad un oggetto nell'ambiente d'ascolto non relazionato alle apparecchiature in funzione, e controllando se si percepisce e si acquisisce stabilmente un miglioramento della qualità del suono.
Un oggetto del genere potrebbe essere rappresentato dalla o dalle batterie di un telecomando o di un telefono.
Se un miglioramento sarà percepito, non sembra si possa dare all'esperimento un'adeguata spiegazione convenzionale.

Lettura raccomandata.
Rupert Sheldrake: "The presence of the past".

Best regards
Chris Belt

Commento di Greg Weaver.

Credo io a tutto questo?
Non lo so.
Ho una spiegazione migliore?
No.
Questo aggeggio funziona?
Assolutamente si.
Tutto quello che posso dire è che fa realmente ciò che dichiara di fare.
Sono stato condizionato per ascoltare questi miglioramenti?
Come è' possibile che io sia stato condizionato quando semmai dovevo esserlo al contrario, convinto, all'inizio della prova, che non sarebbe successo nulla?
Giusto per verificare di non essere completamente impazzito (avevo già prenotato una camera con i muri di gomma all'ospedale locale),ho fatto una prova con un'occasionale visitatore.
Ha notato la differenza entro cinque secondi tra la traccia originale e quella dopo l'applicazione del rainbow foil.
Non sembra ai tecnici, come al nostro tecnical editor Doug Blackburn, che il fenomeno abbia a che fare con il tipo di miglioramento ottenuto spegnendo oggetti come ad esempio il computer durante l'ascolto.
Il risultato è un ampliamento dell'immagine sonora, una diminuzione della suono "bianco artificiale" dei cembali, una migliorata precisione del timbro degli strumenti ed una generale sensazione di incremento della chiarezza generale.
Non avrei mai creduto di dover rischiare la mia credibilità scrivendo di questa inesplicabile ma altamente efficace applicazione.


Greg Weaver's April 1999 Rainbow Foil review :-
Http://www.soundstage.com/synergize/synergize041999.htm

giovedì 1 gennaio 2009

The right perception.



Udito, vista, olfatto,gusto, tatto, sono gli organi sensori che trasportano le informazioni al cervello, tramite il quale queste verranno decodificate.
La percezione della realtà sarà determinata dall'interpretazione del cervello dei segnali ad esso trasferiti.
Qualsiasi cosa possa alterare la capacità del cervello di interpretare le informazioni ricevute, altererà la percezione della realtà.
Nessuno è in grado di conoscere tutto ciò che è in grado di alterare la capacità del cervello di decodificare le sensazioni.
Nessuno è in grado di determinare se le sensazioni arrivino al cervello nel modo corretto come crediamo di averle percepite.
Per conseguenza lo stesso oggetto potrà apparirci in modo differente in diverse occasioni e in diverse circostanze.
L'ascolto dei suoni e la percezione musicale non fanno eccezione a questa regola.